Unioni civili e assegno: la Cassazione applica i principi elaborati in materia di divorzio

di Giancarlo Renzetti

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Nel contesto delle unioni civili, l’assegno riconosciuto a seguito dello scioglimento del vincolo non si fonda più sul tenore di vita goduto durante la convivenza, ma sugli stessi criteri adottati in materia di divorzio.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25495/2025, affermando che i principi giurisprudenziali elaborati in materia di divorzio si applicano anche alle unioni civili, con particolare riferimento alla funzione assistenziale e a quella compensativa dell’assegno.

La funzione assistenziale si attiva quando il soggetto richiedente non dispone di risorse economiche sufficienti per condurre una vita autonoma e dignitosa, né ha realistiche possibilità di procurarsele, nonostante un impegno diligente.

In questo caso, l’assegno non mira a riequilibrare le condizioni economiche tra le parti, ma a garantire un minimo vitale, svincolato dal precedente tenore di vita. È una forma di tutela che si fonda sul principio di solidarietà, ma che non presuppone necessariamente un sacrificio personale o professionale da parte del beneficiario.

La Corte sottolinea che l’assegno, in questa prospettiva, deve essere parametrato alle esigenze esistenziali dell’avente diritto, non al livello reddituale dell’ex partner.

Diversa è la funzione compensativa, che si attiva quando lo squilibrio economico tra le parti è il risultato di scelte condivise nella conduzione della vita familiare. In particolare, quando uno dei partner ha rinunciato a opportunità professionali o reddituali per assumere un ruolo prevalente all’interno della coppia, contribuendo in modo significativo alla gestione domestica e alla formazione del patrimonio comune.

In questo caso, l’assegno non ha solo una finalità assistenziale, ma diventa uno strumento di riequilibrio, parametrato al contributo fornito e al sacrificio sostenuto.

Laddove sussistano  entrambe le funzioni, quella compensativa assorbe quella assistenziale, determinando un assegno più strutturato e proporzionato al ruolo svolto nella relazione.

Sotto un profilo operativo comporta che nell’introdurre il ricorso non sarà sufficiente evidenziare la differenza di reddito tra le parti ma va  ricostruita la storia della convivenza, anche precedente l’unione formale, per evidenziare sacrifici rilevanti e/o contributi apprezzabili alla vita familiare.

La determinazione dell’assegno comporta quindi anche nel caso di unioni civili una valutazione  tra solidarietà, responsabilità individuale e riconoscimento del valore del lavoro non retribuito svolto all’interno della coppia, in applicazione dell’art.5 comma 6 della legge 898/70.

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