TERMINI PERENTORI PER IL GARANTE: LE NOVITÀ DALLA CASSAZIONE

di Enrico Pelino

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Con sentenza Cass., Sez. I, 8 luglio 2025, n. 18583, il Supremo collegio fornisce chiarimenti di notevole pregio sull’osservanza dei termini nei procedimenti sanzionatori del Garante per la protezione dei dati personali.

La pronuncia rileva per tre ragioni: non sussistono precedenti di legittimità noti; l’impatto concreto è ragguardevole; innova il formante di merito ad oggi dominante.

L’origine della questione

Il Regolamento (UE) 2016/679, cd. “GDPR”, ha introdotto una disciplina sanzionatoria rigorosa. Per le violazioni più gravi, il massimo edittale è fissato in venti milioni di euro o, per le imprese, nel 4% del fatturato mondiale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.

Per l’effetto, nel 2021 il Garante comminava a Enel una sanzione pecuniaria di oltre ventisei milioni di euro, a seguito dell’accertamento di una pluralità di condotte lesive, protrattosi per ampio arco temporale.

Proprio sulla ritenuta irragionevole durata della fase preistruttoria faceva appunto leva la società in sede di opposizione, ottenendo l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione, con sentenza Trib. Roma, Sez. XVIII, n° 2615/2023. L’arresto si è subito imposto come riferimento per gli interpreti, atteso il nitore giuridico della formulazione e la meticolosa ricostruzione del quadro normativo.

La soluzione del Tribunale di Roma

In sintesi estrema, il Giudice capitolino fissava due punti decisivi:

  1. il termine di 120 giorni per la conclusione della fase preistruttoria rinveniente dal regolamento GPDP n. 2/2019 deve intendersi come perentorio, ancorché nella fonte citata non sia espressamente qualificato come tale;
  2. dies a quo (anch’esso indeterminato nel citato regolamento interno), va ravvisato nella prima risposta del titolare o del responsabile del trattamento alla richiesta di informazioni del Garante.

Più esattamente, si pongono due alternative: o tale primo riscontro è sufficiente all’archiviazione o alla contestazione di una violazione, oppure l’Autorità può chiedere chiarimenti e precisazioni, ma in ogni caso, l’arco di massima durata di tale indagine resta circoscritto agli “stessi 120 giorni”. Diversamente, osserva il Tribunale, “non si potrebbe che concludere che tale prima risposta era soddisfacente ed era tale da non comportare l’avvio di alcun procedimento”.

La soluzione della Cassazione

La sentenza che ci occupa conferma la natura perentoria del termine, consolidando gli esiti del Giudice di prime cure. Tuttavia, rilegge con approdi completamente diversi la decorrenza del termine di 120 giorni, collocandolo non più nella fase preistruttoria ma in quella successiva propriamente sanzionatoria, sulla scorta dell’arresto 151/2021 della Consulta.

Avv. Enrico Pelino – partner Grieco Pelino Avvocati

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