Oscuramento  dei dati personali nelle sentenze

di Leonardo Carbone

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La disciplina positiva  relativa all’oscuramento dei dati personali nei provvedimenti giurisdizionali prevede, in linea generale, la pubblicazione delle pronunce rendendole accessibili a tutti, con la precisazione, però, che la diffusione  può  avvenire con oscuramento dei dati personali solamente in alcune limitate ipotesi, ossia su richiesta delle parti interessate, in presenza di motivi legittimi (art.52, comma 1, d.lgs. n.196/2003), oppure d’ufficio allorquando ciò risulti necessario per tutelare i diritti  e la dignità dell’interessato (fattispecie concernente rapporti di famiglia, stato delle persone o minorenni: in tali casi è la legge che vieta la diffusione di dati personali).  

L’oscuramento dei dati personali (ad istanza di parte), però, costituisce eccezione alla regola della pubblicità dei procedimenti e dei provvedimenti giurisdizionali.

Non sussiste, quindi, il divieto di rendere disponibili i provvedimenti giurisdizionali in forma integrale, salvo i casi in cui sia la legge oppure l’autorità giudiziaria a disporre l’anonimizzazione dei dati personali riportati nella pronuncia.

Tale “linea” è stata di recente confermata sia dalla Corte di Cassazione (Cass. 21.3.2025 n.7588) che dalla giustizia amministrativa (TAR Lazio 7625/2025). .

Ed infatti il TAR Lazio, sezione prima (a seguito di impugnativa del provvedimento 1.12.2023 con cui il Ministero della giustizia comunicava l’oscuramento  dei dati personali  dei provvedimenti inseriti nella banca dati di merito pubblica) con decisione  17.4.2025 n. 7625 ha dichiarato illegittimo l’oscuramento generalizzato di tutti i dati personali contenuti nelle sentenze pubblicate e rese accessibili tramite b.d.p., in quanto contrasta con gli artt. 51 e 52 del d.lgs. n.196/2003, che consentono la diffusione integrale dei provvedimenti giurisdizionali, salvo i casi espressamente previsti dalla legge o specificamente disposti dall’autorità giudiziaria.

Per il Tar Lazio l’oscuramento generalizzato disposto  dalla pubblica amministrazione non appare legittimo, e non in linea con l’art.6 della Cedu, norma che prescrive la “pubblicità dell’esame delle cause, precisando come per limitate ipotesi possa limitarsi l’accesso alle aule d’udienza, su ordine del giudice procedente (e non dell’autorità amministrativa)…….questo Collegio ritiene che il principio di pubblicità espresso dall’art.6 Cedu (e implicitamente dell’art.111 Cost.) si debba estendere oltre l’istante della celebrazione dell’udienza, involvendo anche (e soprattutto) l’esito del processo, ossia la sentenza, la quale deve di regola essere disponibile in maniera integrale al pubblico. Ad analoghe conclusioni conduce una lettura teleologicamente orientata anche dell’art.47 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza)”

Per il citato TAR Lazio la riferita normativa sull’oscuramento dei dati personali si applica anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell’art.825 cpc. Infatti la parte può formulare agli arbitri la richiesta di oscuramento prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l’annotazione di “oscuramento”.

La riferita regola sull’oscuramento dei dati personali  è sancita anche nell’art.21, comma 2, d.leg. n.196 del 2003, secondo cui le sentenza e le altre decisioni dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria “sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete internet, osservando le cautele previste dal presente capo” e l’eccezione richiede la sussistenza di motivi legittimi a sostegno dell’istanza di parte (Cass. n.7558/2025).

Alla riferita normativa aggiungasi l’art. 51 e 52 del codice Privacy il quale prevede che il soggetto interessato può chiedere per motivi legittimi, con istanza depositata  nella cancelleria dell’ufficio che procede e prima che sia definito il grado di giudizio, che sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento, un’annotazione  volta a precludere, in caso di riproduzione del provvedimento per finalità di informazione giuridica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi dell’interessato. Per la Suprema Corte, l’istanza di oscuramento  dei dati nella sentenza, però deve basarsi su motivi legittimi  legati alla presenza di dati sensibili o alla delicatezza della vicenda (Cass. n.47126/2021), motivi che la parte deve specificare.

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