L’ESTINZIONE AUTOMATICA DELL’ASSEGNO DIVORZILE IN CASO DI CONVIVENZA MORE UXORIO: IL RINVIO ALLE SEZIONI UNITE

di Avv. Marco Biava

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Con l'ordinanza interlocutoria n. 28995 del 17/12/2020, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha rinviato gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite Civili, sollecitandone l’intervento al fine di dipanare una questione di particolare importanza: stabilire se l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, faccia venire meno in maniera automatica il diritto all’assegno divorzile di cui all’art. 5 c. 6 L. 898/1970 a carico dell’altro coniuge, ovvero al contrario se ne possa affermare la perduranza, valorizzando il contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, nel diverso contesto sociale di riferimento.

La questione sollevata, a parere del remittente, rientra tra quelle di particolare importanza, poiché pone l’occasione di “rimeditare” sull’indirizzo recentemente formatosi nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6855/15, Cass. n. 2466/16 e Cass. n. 22604/20), non totalmente condiviso dal Collegio che, al pari di quanto accade in caso di nuove nozze, ritiene che si determini l’estinzione automatica del diritto all’assegno di divorzio e senza alcuna valutazione discrezionale da parte del giudice, una volta accertata la costituzione di una nuova famiglia di fatto, ormai riconosciuta e tutelata al pari della famiglia matrimoniale tra le formazioni sociali di cui all’art. 2 Cost.

Il caso è giunto all’attenzione della Suprema Corte a seguito del ricorso proposto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che esprimendosi nel senso che “la semplice convivenza more uxorio con altra persona provochi, senza alcuna valutazione discrezionale del giudice, l’immediata soppressione dell’assegno divorzile", aveva respinto la domanda dell’ex moglie di riconoscimento di detto assegno, avendo costei instaurato una stabile convivenza con un nuovo compagno, da cui aveva avuto una figlia.

La ricorrente, nei nove anni di matrimonio, aveva rinunciato ad un’attività professionale o comunque lavorativa, per dedicarsi interamente ai figli; viceversa il marito aveva potuto realizzarsi ed era divenuto amministratore e proprietario di una prestigiosa impresa operante nel settore calzaturiero, con un fatturato all’estero pari a qualche milione di euro.

Non più in età per poter reperire attività lavorativa, la ricorrente aveva vissuto e viveva con i figli dell’assegno divorzile e l’attuale compagno percepiva un reddito lavorativo di circa mille euro mensili.

Il rimettente, valorizzando la funzione retributivo-compensativa dell’assegno, dubita della possibilità di fare applicazione del sopra citato consolidato orientamento che impone l’estinzione dell’assegno una volta accertata una sopravvenuta stabile convivenza di fatto, senza possibilità per il giudicante di ponderare i redditi dei coniugi al fine di stabilire, comunque, un eventuale assegno divorzile; l’indicato automatismo, risultando di contrasto con la lettera della norma, andrebbe riferito al solo e diverso caso delle nuove nozze.

Le Sezioni Unite dovranno stabilire e chiarire se “instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorzile si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato all’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi nel contesto sociale di riferimento”.

Avv. Marco Biava - Foro di Torino


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