IL DIRITTO ALL’OBLIO: I CONFINI PER UNA ADEGUATA E SUFFICIENTE TUTELA

di Nicoletta Giorgi

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La recente sentenza della Cassazione n. 6806/23, richiamando anche i principi statuiti nell’ordinanza n.2893/23 della medesima Corte, stabilisce i confini di un’adeguata e sufficiente tutela del diritto all’oblio.

La Corte è stata chiamata a decidere sul ricorso promosso contro la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la richiesta di condanna al risarcimento per danni promossa nei confronti dell’editore di un sito web riportante la notizia, di qualche tempo prima, dell’arresto del ricorrente.

Tale notizia, scoperta casualmente dalla compagna tramite il motore di ricerca Google, aveva comportato la rottura del rapporto sentimentale e una crisi depressiva.

Sebbene a seguito della richiesta di cancellazione della notizia l’agenzia di stampa avesse provveduto subito, il ricorrente riteneva che la stessa avrebbe dovuto provvedere autonomamente e tempestivamente dal momento in cui la notizia aveva perso la sua originaria valenza informativa.

La Corte, rigettando il ricorso, ha statuito su:

1) le misure a tutela del diritto all’oblio,

2) i presupposti per la tutela al diritto all’oblio e il ruolo delle parti coinvolte.

Il Supremo Collegio ha aderito al principio sancito dalla nota sentenza ‘Google Spain’ per cui l’attività di trattamento dei dati del motore di ricerca si aggiunge e si distingue da quello dell’editor del sito web in cui la notizia è contenuta, rivisitando però i rimedi proposti a tutela del diritto all’oblio.

Sulle misure a tutela del diritto all’oblio. Nel caso di specie, ratio temporis, era applicabile la direttiva europea 95/46/CE recepita nella legge n.675/96 e nel D. Lgs.n.196/03. Detta normativa qualifica il soggetto che risponde per l’errato trattamento del dato come quello che ha determinato le finalità e gli strumenti per il trattamento di dati personali. Sia gli editor dei siti web che i gestori dei motori di ricerca sono, quindi, titolari del trattamento ed entrambi possono essere destinatari della richiesta di intervento per la tutela del diritto all’oblio.

Dalla sentenza ‘Google Spain’ in poi, a tal fine, era sufficiente la sola deindicizzazione dai motori di ricerca. L’editor del sito, pertanto, poteva mantenere nel proprio archivio on line la notizia.

Con ordinanza n. 2893/23 la Cassazione ha operato un importante bilanciamento degli interessi della collettività e del singolo, a garanzia, da un lato, del diritto all’informazione corretta e, dall’altro, a tutela del diritto all’oblio di ogni individuo. Essa ha disposto che la permanenza di un articolo legittimamente pubblicato nell’archivio on line di un quotidiano sia ancora legittima dopo la richiesta di deindicizzazione purchè -e questa è l’evoluzione dalla sentenza ‘Google Spain’- all’articolo sia apposta una nota informativa sintetica che dia conto dell’esito del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato.

L’analisi rileva anche un altro dato. Il Giudice è già andato oltre la riforma Cartabia in virtù della quale dal 01.01.2023 ai sensi dell’articolo 64-ter: “L’imputato destinatario di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e la persona sottoposta alle indagini destinataria di un provvedimento di archiviazione possono richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento del parlamento europeo 679 del 27 aprile 2016”. La previsione normativa pur consentendo l’avvio di una procedura tempestiva è però meno tutelante della decisione della Cassazione. La norma regolamentare ottimizzata per una finalità specifica è stata dirottata verso una funzione di controllo e dissuasione del noto fenomeno della rappresentazione mediatica della giustizia.

Poteva essere fatto di più. Il riferimento è all’art. 17 del GDPR che, in caso di obbligo di deindicizzazione da parte del gestore del motore di ricerca, al comma 2 prevede: “Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali [si legga gli editor dei siti web] della richiesta dell'interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali.” Il cancelliere che ora dovrà attivarsi per impedire l’indicizzazione o richiedere le deindicizzazione del nome dell’assolto, si riterrà legittimato a richiedere che vengano contattati gli editor per far “cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei dati personali”? La risposta negativa è prevedibile ma anche lecita. Il cancelliere, se accogliesse una richiesta coincidente con tutto il contenuto dell’art. 17, agirebbe ultra vires e in violazione della legge Cartabia.

I presupposti per la tutela al diritto all’oblio e il ruolo delle parti coinvolte. Il presupposto dell’iniziativa dell’interessato si giustifica con la criticità dell’estensione quantitativa del controllo e dell’applicazione di una tecnica adeguata. Una periodica verifica non potrebbe avere come parametro solo il passaggio del tempo bensì valutazioni che definiscano esatta o meno l’informazione, che ne rilevino il divario fra l’immagine pregressa e quella attuale. Tutte considerazioni che appartengono solo alla sfera di conoscenza dell’interessato, alla percezione dello stesso dell’eventuale dannosità della permanenza on line dell’informazione. L’iniziativa dovrà essere supportata da elementi di prova pertinenti e sufficienti, idonei a suffragare la richiesta.

L’eventuale previo ottenimento di un provvedimento contro l’editor obbliga, in ogni caso, il gestore del motore di ricerca alla deindicizzazione o, in caso di giudizio ancora pendente, ad aggiungere nei risultati della ricerca un avvertimento riguardante l’esistenza di tale procedimento.


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