DANNI DA EMOTRASFUSIONE. ACCERTAMENTO DEL NESSO CAUSALE

di Iolanda Coltellacci

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DANNI DA EMOTRASFUSIONE, il valore probatorio del Verbale della Commissione Medica Ospedaliera nell'ambito del giudizio risarcitorio - nota a Cass. SS.UU. n. 19129/23 del 6 luglio 2023.

Con  la sentenza su indicata, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato i seguenti principi di diritto:

“1. a) nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del Ministero della Salute in relazione ai danni subiti per effetto della trasfusione di sangue infetto, il verbale redatto dalla Commissione medica di cui all’art. 4 della legge n. 210 del 1992 non ha valore confessorio e, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fa prova ex art. 2700 cod. civ. dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice che, pertanto, può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può attribuire allo stesso il valore di prova legale;


2. b) nel medesimo giudizio, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all’indennizzo ex lege n. 210 del 1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, sicché il Ministero per contrastarne l’efficacia è tenuto ad allegare specifici elementi fattuali non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell’indennizzo o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano;


3. c) nel giudizio di risarcimento del danno il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210 del 1992 fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d’ufficio la formazione del giudicato, a condizione che lo stesso risulti dagli atti di causa
.”

La decisione trae origine dall’ordinanza interlocutoria del 31 ottobre 2022 n. 32077, con cui la Terza Sezione Civile della Corte ha chiesto al Presidente di demandare alle SS.UU. la risoluzione del contrasto giurisprudenziale avente ad oggetto l’efficacia probatoria, nel giudizio avente ad oggetto l’azione di risarcimento del danno, della valutazione espressa, quanto al nesso causale, fra emotrasfusione e insorgenza della patologia, dalla Commissione medica ospedaliera di cui all’art. 4 della legge n. 210 del 1992.

Negli ultimi anni, in particolare a partire dalla sentenza 15734/18 della terza Sezione della Corte di Cassazione, si era affermato, in contrasto con quanto già espresso dalle SS.UU. con sentenza 577/2008, il principio di diritto in base al quale l’accertamento del nesso causale tra trasfusione e danno, accertato e riconosciuto da parte della competente CMO nell’ambito del suddetto procedimento indennitario, costituisce un “fatto indiscutibile e non più bisognoso di prova“, come tale non ulteriormente contestabile da parte del Ministero della Salute nell’ambito dei giudizi risarcitori nei quali lo stesso (e/o La struttura sanitaria obbligata in solido) risulti convenuto. Il predetto orientamento riteneva imputabile direttamente a detta Amministrazione il giudizio medico-legale in oggetto, senza possibilità di contestazione alcuna, qualificando la CMO, quale organo facente parte dell’organizzazione amministrativa del predetto Dicastero.

Le Sezioni Unite, nel porre fine al predetto contrasto, dopo aver ribadito “l’ontologica diversità fra il diritto soggettivo alla prestazione assistenziale disciplinata dalla legge n. 210 del 1992 ed il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ.”, hanno chiarito come le predette Commissioni vadano ritenute “estranee all’organizzazione del Ministero della Salute”, essendo piuttosto qualificabili, sulla base dell’ordinamento giuridico di riferimento, quali organismi del Servizio Sanitario Militare, non potendosi giungere a diversa conclusione in forza del disposto di cui all’art. 5 legge 210/92, che ammette il ricorso al Ministero della Salute avverso il verbale di diniego della prestazione assistenziale espresso dalla CMO, trattandosi, nella specie, di ricorso gerarchico improprio.

A tale conclusione le SS.UU. giungono anche sulla base di quanto stabilito dall’articolo 147 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, ove è previsto che, nei giudizi aventi ad oggetto il riconoscimento di prestazioni assistenziali, nessun effetto vincolante, sostanziale e processuale, può essere attribuito ai provvedimenti delle collegiali mediche, qualsiasi sia la loro natura.

Le SS.UU., dunque, hanno ribadito il principio già affermato con la nota sentenza 577 del 2008, “secondo cui deve essere risolto dando continuità al principio di diritto enunciato da Cass. S.U. n. 577 del 2008, secondo cui, al di fuori del procedimento amministrativo per la concessione dell’indennizzo ex lege n. 210 del 1992, i verbali delle commissioni mediche, al pari di ogni altro atto redatto da pubblico ufficiale, fanno prova ex art. 2700 cod. civ. dei fatti che la commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le diagnosi, le manifestazioni di scienza o di opinione costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice che, pertanto, può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuire a loro il valore di prova legale, né ritenere che la valutazione espressa dalla Commissione medica circa la sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e malattia, escluda il nesso medesimo dal thema probandum del giudizio risarcitorio intentato nei confronti del Ministero”.

Resta fermo, secondo la Corte il valore di “valida prova presuntiva ex art. 2729 cod. civ.” che detto verbale assume anche nell’ambito del giudizio risarcitorio, a fronte del quale “il Ministero per contrastarne l’efficacia è tenuto ad allegare specifici elementi fattuali non potuti apprezzare in sede di liquidazione dell’indennizzo o sopravvenute acquisizioni della scienza medica, idonei a privare la prova presuntiva offerta dal danneggiato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza che la caratterizzano”.

Da ultimo, Le SS.UU., a conclusione della propria disamina, hanno altresì chiarito che “il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210 del 1992 fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia”.


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