Clausola “visto e piaciuto”, mala fede e riflessioni comparatistiche

di Giovanni Stefano Messuri

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Con ordinanza 21 ottobre 2025, n. 27968 della seconda sezione, la Corte di Cassazione ribadisce che la clausola “visto e piaciuto” non esonera il venditore dalla garanzia per vizi dolosamente occultati.

La decisione chiarisce inoltre l’efficacia probatoria del certificato di revisione e ricorre alla correzione ex art. 384, co. 4 c.p.c., senza cassare la sentenza impugnata.

La vicenda

Un acquirente acquista un autocarro usato con la clausola “visto e piaciuto”. Durante il tragitto emergono difetti di marcia; ulteriori verifiche rivelano danni strutturali occultati da una riverniciatura.

Il compratore chiede quindi la risoluzione del contratto, ma il Tribunale rigetta la domanda.

La Corte d’Appello, invece, accoglie la domanda e condanna la venditrice alla restituzione del prezzo e al pagamento delle spese.

La venditrice ricorre quindi in Cassazione.

Il certificato di revisione come atto pubblico

Il primo motivo denunciava la violazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., lamentando l’erronea svalutazione del certificato di revisione.

La Suprema Corte conferma che tale certificato fa piena prova, fino a querela di falso, solo su quanto verificato nel controllo, ossia sulla conformità tecnica del veicolo. Non attesta invece l’assenza di qualsiasi vizio, sicché può essere superato da prove ulteriori dirette ad accertare difetti non rilevabili in sede di revisione.

Poiché la Corte d’Appello aveva motivato in modo tecnicamente scorretto, la Cassazione corregge la motivazione ai sensi dell’art. 384, co. 4 c.p.c.: strumento che consente di emendare errori logico-giuridici senza incidere sull’esito della decisione.

Clausola “visto e piaciuto” e mala fede

Il secondo motivo lamentava la violazione dell’art. 1490, co. 2 c.c.

La Corte conferma un principio consolidato: la clausola mantiene efficacia solo per i vizi riconoscibili con l’ordinaria diligenza; perde invece valore quando il venditore abbia occultato dolosamente i difetti. Nel caso concreto, la riverniciatura mirava a celare danni strutturali, integrando la mala fede ostativa all’operatività della clausola.

Una breve comparazione con i sistemi di common law.

Traslando la medesima fattispecie negli ordinamenti anglosassoni, la condotta della venditrice integrerebbe non solo breach of contract, ma misrepresentation o fraud, con possibilità di condanna non solo ai compensatory damages, ma anche ai punitive damages, volti a sanzionare condotte ingannevoli e a esercitare una funzione deterrente.

Nei sistemi di common law, le clausole “as is”, analoghe al nostro “visto e piaciuto”, non operano quando il venditore abbia adottato artifici per impedire la scoperta dei vizi. In ambito statunitense, pratiche di occultamento sono state oggetto di condanne esemplari, tra cui il noto caso BMW v. Gore (1996), nel quale la riverniciatura non dichiarata di veicoli nuovi portò alla condanna a ingenti punitive damages, poi ridimensionati dalla Corte Suprema per ragioni di proporzionalità.

Due modelli a confronto

La differenza tra i due sistemi non è episodica, ma strutturale. Il sistema di common law adotta un modello bifasico della responsabilità civile:

compensatory damages, per ristabilire la situazione del danneggiato;

punitive damages, con finalità sanzionatoria-deterrente.

Il sistema di civil law, viceversa, resta ancorato a una concezione esclusivamente riparatoria del danno, fondata sulla “Differenztheorie” di matrice tedesca: il risarcimento deve riportare il danneggiato nella situazione patrimoniale in cui si sarebbe trovato senza l’illecito, senza componenti punitive. Eccezione limitata è il riconoscimento di sentenze straniere con punitive damages (Cass. SU 16601/2017), ammesso solo entro rigorosi limiti di prevedibilità e proporzionalità.

Conclusione

L’ordinanza n. 27968/2025 si colloca nel solco della giurisprudenza consolidata: la clausola “visto e piaciuto” non tutela il venditore che abbia occultato dolosamente i vizi; il certificato di revisione ha valore probatorio delimitato; la correzione ex art. 384, co. 4 c.p.c. consente di emendare la motivazione senza incidere sull’esito.

La comparazione con il sistema di common law mette in luce due diverse filosofie della responsabilità civile: riparatoria e patrimonialistica nel civil law; anche sanzionatoria nel common law.

Una medesima condotta, che in Italia conduce “solo” alla risoluzione e restituzione del prezzo, negli Stati Uniti potrebbe sfociare in condanne milionarie a fini deterrenti.

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