Cassazione: limiti all’uso di documenti riservati negli accertamenti fiscali presso uno studio legale
18/09/2025
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Nel contesto degli accertamenti fiscali rivolti ai professionisti, la Corte di Cassazione Civile Sez. 5 con Ordinanza 16795/2025 ha recentemente affrontato un caso che tocca un punto delicato: l’utilizzabilità di documenti coperti da segreto professionale rinvenuti durante un accesso presso lo studio di un avvocato.
La vicenda nasce da un controllo effettuato dalla Guardia di Finanza, durante il quale sono stati acquisiti appunti contenenti nomi di clienti e compensi, ritenuti parte di una contabilità parallela. Il professionista aveva opposto il segreto, ma i verificatori hanno proceduto all’esame dei documenti sulla base di un’autorizzazione preventiva rilasciata dalla Procura.
La Cassazione ha ritenuto legittima la motivazione della sentenza regionale che aveva confermato l’accertamento, ma ha accolto il ricorso sul punto relativo all’autorizzazione.
Secondo i giudici, l’autorizzazione all’esame di documenti secretati non può essere generica né preventiva: deve intervenire solo dopo che il segreto è stato formalmente opposto, e deve riferirsi in modo specifico ai documenti in questione. In assenza di questi requisiti, l’acquisizione non può considerarsi valida.
Per gli avvocati, questo orientamento ha implicazioni concrete. In caso di accesso fiscale, l’opposizione del segreto professionale attiva una tutela che non può essere aggirata con provvedimenti generici.
L’amministrazione finanziaria deve ottenere un’autorizzazione mirata, che tenga conto delle ragioni del contribuente e delle esigenze dell’accertamento.
Questo principio rafforza la protezione del rapporto fiduciario tra avvocato e cliente, e impone maggiore rigore nell’uso di documenti riservati ai fini tributari.