CASSAZIONE: CONFERMATA LA NULLITÀ DEL LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO

di Livio Galla

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Una recente pronuncia della sezione Lavoro della Cassazione, la numero 5244 del 10.01.2023, offre lo spunto per analizzare una fattispecie giuslavoristica particolarmente interessante: il licenziamento per superamento del periodo di comporto.

Cosa è il periodo di comporto?

Il periodo di comporto è quel lasso temporale nel corso del quale il rapporto di lavoro viene sospeso a causa della malattia del lavoratore e lo stesso non può essere licenziato. Si parla, in questo caso, di diritto alla conservazione del posto in capo al dipendente in malattia.

Il riferimento normativo è l’art. 2110 c.c., secondo comma, il quale dispone che, in caso di malattia, “l’imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell’art. 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità”.

La disciplina specifica del comporto è affidata alla contrattazione collettiva.

Si distinguono, in particolare, due possibili modalità di calcolo: il comporto secco, quando il periodo di conservazione del posto è riferito ad un unico e ininterrotto evento di malattia, e il comporto per sommatoria o frazionato, se per il tempo di comporto si sommano le malattie verificatesi in un determinato arco temporale. I vari CCNL di settore possono prevedere, inoltre, qual è il periodo di riferimento ai fini del calcolo, ossia se il comporto va calcolato sulla base dell’anno solare (365 giorni decorrenti dal primo evento di malattia o a ritroso dalla data di licenziamento) o del calendario (1° gennaio – 31 dicembre).

Nel caso in cui il lavoratore venga licenziato perché la malattia si protrae oltre il periodo di conservazione del posto, il licenziamento irrogato è assimilabile, per espressa previsione giurisprudenziale (Cass. 8707/20167), al recesso per giustificato motivo oggettivo.

La vicenda da cui trae origine la pronuncia in parola non riguarda, però, il calcolo del comporto, bensì la possibilità di inviare al dipendente in malattia la lettera di licenziamento con efficacia differita al momento in cui si realizzerà il superamento del comporto.

Nel caso di specie, l’azienda aveva infatti inviato alla dipendente la lettera di licenziamento finché quest’ultima si trovava ancora in malattia, avvertendola che, qualora non fosse rientrata al lavoro entro la fine del periodo di conservazione del posto, il rapporto di lavoro sarebbe cessato.

Qual è, quindi, la questione di diritto posta al vaglio della Suprema Corte? I Giudici si sono interrogati, in particolare, sulla validità del recesso operato dal datore di lavoro prima del compimento del comporto e sottoposto alla condizione sospensiva, secondo la ricostruzione offerta dall’azienda datrice di lavoro, dell’effettivo superamento del periodo di comporto.

La soluzione interpretativa abbracciata dalla Cassazione, peraltro già espressa con la sentenza n. 12568/2018, è contraria alla tesi secondo cui il licenziamento intimato con le modalità descritte sopra risulterebbe già validamente disposto, con l’unico limite del mero differimento dell’efficacia del recesso.

Infatti, i requisiti di validità del negozio vanno valutati, secondo i Giudici di legittimità, nel momento in cui questo viene posto in essere e non già al momento della produzione degli effetti, salvo il caso, che nella vicenda in esame non ricorre, disciplinato dall’art. 1347 c.c., in quanto tale disposizione non disciplina i contratti o gli atti ad efficacia differita, bensì quelli sottoposti a condizione o a termine e riguarda l’ipotesi del sopravvenire della possibilità della prestazione inizialmente impossibile.

Nella fattispecie di cui all’art. 2110 secondo comma c.c., invece, il rapporto può essere risolto se e quando siano decorsi i periodi predeterminati, non potendosi consentire la possibilità di irrogare un licenziamento assoggettandolo alla condizione di un futuro superamento del limite di comporto.

Attenzione, però, perché il datore di lavoro non può aspettare molto dal decorso del periodo di comporto per irrogare il licenziamento. È stato stabilito infatti che il recesso debba essere tempestivo. Pur avendo riconosciuto al datore un c.d. spatium deliberandi al fine di poter valutare nel complesso la sequenza di episodi morbosi del dipendente e calcolare esattamente il tempo della malattia, è tuttavia necessario non far passare tropo tempo nell’adozione del licenziamento (Cass. n. 18960/2020).

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