Siamo telematici … o caporali?

di Avv. Roberto Di Francesco

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I vantaggi di tale nuova forma di interloquire con gli uffici sono sotto gli occhi di tutti e sul punto non si può non convenire. Eppure molti operatori del diritto si ostinano a non adeguarsi ai tempi. Ed allora va affermato con forza come sia impensabile per l’avvocato sottrarsi all’obbligo di dotarsi della strumentazione necessaria per gestire la trasmissione informatica degli atti e, nella specie, dotarsi di mezzi di decodifica e lettura degli atti e documenti informatici che gli vengono notificati o comunicati, anche se sono firmati digitalmente tramite il sistema CAdES (file con estensione p7m). In al senso l’ordinanza in oggetto, con la quale la Sesta Sezione della Suprema Corte ha respinto il ricorso di un avvocato, destinatario di una notifica telematica, che chiedeva di essere sollevato dalla responsabilità per non essersi dotato degli strumenti o programmi idonei a leggere documenti sottoscritti con la firma CAdES. Il ricorrente, a tal fine, ha prospettato la disparità di trattamento delle notifiche telematiche rispetto alle notifiche cartacee, che assicurerebbero la pienezza della conoscenza dell’atto senza alcuna necessità di munirsi di specifici programmi di decodifica, invece necessari per la notifica telematica. Il ricorrente, al riguardo, ha negato l’esistenza di un obbligo normativo che imponga al destinatario dell’atto di fornirsi di uno specifico programma di lettura di file con estensione “.p7m”, sostenendo che ciò comporterebbe un onere specifico e diverso dalla notifiche cartacee, con conseguente violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione. Sul punto l’ordinanza emessa dalla Suprema Corte, ha il pregio della chiarezza: data l’approvazione del processo telematico, l’avvocato deve munirsi dei minimali strumenti informatici richiesti dal sistema normativo, anche secondario, per leggere le notifiche delle controparti o le notifiche e/o comunicazioni della cancelleria eseguite con la posta elettronica certificata.


Dopo una breve disamina delle norme, anche tecniche, che disciplinano il processo telematico, la Suprema Corte ha affermato che “in tale complessivo contesto, l'autorizzazione all'impiego della notifica col mezzo telematico, purché soddisfi e rispetti tali requisiti tecnici, implica intuitivamente (ma di necessità) l'onere che il suo destinatario si doti degli strumenti minimali per leggere una notifica che quei requisiti rispetti: altrimenti pervenendosi alla bizantina o assurda conclusione che sarebbe lecito per il notificante eseguire un'attività completamente inutile o la cui funzionalità od utilità sarebbero rimesse alla mera condiscendenza o buona volontà o discrezionalità del destinatario, ciò che contraddice ogni principio processuale, prima che lo stesso buon senso”. La stessa Corte, smentendo la tesi del ricorrente, ha ritenuto che dotarsi dello strumento idoneo a leggere un documento in formato “.p7m” non rappresenti un onere eccezionale ed insostenibile: “nell'attuale contesto di diffusione degli strumenti informatici ed in ogni caso delle telecomunicazioni con tali mezzi, quello che consenta di leggere correntemente il formato di un atto notificato nel rispetto di quelle regole, corrispondenti a standard tecnici minimi ed adeguatamente diffusi e pubblicizzati, comporti, per un professionista legale quale ordinario ovvero normale destinatario di quelle regole, un onere eccezionale od eccessivamente gravoso”. Ebbene, nell’epoca digitale del processo, il software o programma di decodifica dei file rappresenta uno strumento corrente e imprescindibile per l’avvocato: “un adminiculum ormai insostituibile per l'esercizio corrente della sua professione, attesa l'immanente e permanente quotidiana possibilità dell'impiego, da parte sua o nei suoi confronti, degli strumenti tecnici consistenti nella notifica col mezzo telematico di atti, soprattutto processuali; e salva beninteso l'allegazione e la prova, da valutarsi con il necessario rigore, del caso fortuito, come in ipotesi di malfunzionamenti del tutto incolpevoli ed imprevedibili, comunque non imputabili, nemmeno con la diligenza professionale legittimamente esigibile, al professionista coinvolto”. È stata, conseguentemente, esclusa qualsiasi violazione degli art. 3 e 24 della Costituzione: “la normativa sulle notifiche telematiche, interpretata con l'imposizione, implicita siccome indispensabilmente funzionale all'operatività stessa della modalità di nuova introduzione, di un onere per il destinatario di dotarsi degli strumenti necessari per leggere o decodificare i messaggi di posta elettronica coi quali la notifica è eseguita in conformità con le specifiche tecniche poste dalla stessa normativa, costituisce la mera evoluzione della disciplina delle notificazioni tradizionali ed il suo adeguamento al mutato contesto tecnologico ed alle relative esigenze legate al contesto di operatività del professionista legale”. In conclusione appare evidente che l’avvocato non può permettersi di ignorare la digitalizzazione del processo. Il monito della Cassazione è forte ed inequivocabile: non conformarsi alle regole del processo telematico potrebbe costar caro al professionista!

Avv. Roberto Di Francesco - Delegato Cassa Forense

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