RECUPERO ONORARI AVVOCATO: “OCCHIO” ALLA COMPETENZA!

di Pierpaolo Greco - Avv. Roberto Di Francesco

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In tema di recupero dei compensi maturati dall’avvocato, avventura già di per sé difficile in tempi come quelli che viviamo, sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 4240/2020 del 19.02.2020.

A parere del giudice nomofilattico, in caso di recupero dei compensi dell’avvocato mediante procedimento ex art. 28 della legge n. 794/1942, il Giudice competente è quello che ha definito il giudizio.

Nel trattare la questione riguardante la competenza nel caso di azione giudiziale volta alla liquidazione degli onorari per l’attività professionale profusa dell’avvocato per il medesimo cliente dinanzi a più uffici giudiziari e nell'ambito dello stesso processo, invero, le SS.UU. hanno statuito che la competenza è attratta dall'ultimo giudice adito.

La fattispecie sottoposta all'esame della Corte, traeva origine dalla incompetenza a decidere dichiarata dal Tribunale in merito alla domanda di liquidazione dei compensi avanzata da un avvocato, per il patrocinio reso in un procedimento definito in grado d’appello.

Nel dichiarare la propria incompetenza a favore di quella della Corte d’Appello, il Tribunale statuiva che nell'ipotesi di domanda avente ad oggetto la richiesta di compensi per l'attività professionale svolta in più gradi di giudizio, l'intera lite rientra nella competenza del giudice di secondo grado o di quello che abbia conosciuto per ultimo della controversia.

Dinanzi al Suprema Corte il ricorrente avvocato proponeva regolamento di competenza, deducendo che per ottenere la liquidazione degli onorari per le attività professionali prestate innanzi ad uffici giudiziari diversi, occorreva proporre domande autonome dinanzi a ciascun giudice adito e, quindi, contrariamente a quanto dichiarato dal Giudice partenopeo, fosse da escludere la possibilità di riconoscere al giudice di secondo grado la competenza per l'intera controversia.

Assegnata alla Sesta Sezione civile, Sottosezione Seconda che, dopo un’attenta disamina della normativa applicabile e dell’interpretazioni giurisprudenziali susseguitesi nel tempo (ex multis la nota sentenza S.U. n. 4485/2018), profilandosi una questione di massima importanza, rimetteva gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Nell'occasione, gli Ermellini si interrogarono se, nel vigente quadro normativo, dopo essere stata esclusa la possibilità di proporre la domanda in via ordinaria o ai sensi degli artt. 702 bis e ss. c.p.c., restasse impregiudicata la possibilità di chiedere i compensi per attività svolte in più gradi in un unico processo innanzi all'ultimo giudice della controversia, ovvero, se residuasse la sola alternativa di proporre più domande autonome dinanzi ai singoli giudici aditi per il processo o di cumularle davanti al tribunale competente ex art. 637 c.p.c., con salvezza del foro del consumatore.

Con sentenza n. 4247/2020 depositata il 19.02.2020, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno respinto il motivo di censura prospettato dal ricorrente avvocato, sottolineando che l'indirizzo favorevole alla proponibilità al giudice che ha deciso per ultimo la causa della domanda relativa a tutti i compensi per le prestazioni professionali svolte dall'avvocato per il medesimo cliente in più gradi o fasi del processo, condiviso dal Tribunale di Napoli, trova la sua fonte in un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità e non viceversa in un’isolata sentenza.

La Corte ha peraltro affermato che l’indirizzo giurisprudenziale posto a fondamento del ricorso, oltre ad essere minoritario, non appare realmente in contrasto con la tesi maggioritaria quanto all’obbiettivo di garantire una risposta adeguata alla domanda azionata dal legale, rappresentando, al contrario, il risultato di un differente approccio ermeneutico basato preminentemente sull'interpretazione letterale dell’art. 28 della l. 794/1942 ante riforma, che attribuiva natura inderogabile alla competenza (all'epoca del Capo dell'ufficio giudiziario), ormai invece da considerarsi superata.

Per le SS.UU., insomma, appare preferibile l’orientamento dominante perché offrirebbe una soluzione più ampia e coerente anche secondo i criteri di interpretazione teleologica e sistematica, anche perché “… Il giudice che decide la causa nel grado superiore ha una migliore visione d'insieme dell'opera prestata dall'avvocato”. La tesi che attribuisce la competenza al giudice che ha emesso la decisione definitiva nell'ambito del processo rappresenta, secondo gli ermellini, la migliore risposta alle “ragioni di economia processuale che presidiano l'ordinamento e mirano ad evitare moltiplicazioni dei giudizi, in linea con i principi del giusto processo”.

Alla luce dei criteri interpretativi richiamati in sentenza, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio nel caso in cui un avvocato abbia scelto di agire ex art. 28 della l. n. 794 del 1942, come modificato dall’art. 34, comma 16, lett. a), del d.lgs n. 150 del 2011, nei confronti del proprio cliente, proponendo l’azione prevista dall’art. 14 del medesimo d.lgs. n. 150 del 2011 e chiedendo la condanna del cliente al pagamento dei compensi per l’opera prestata in più fasi o gradi del giudizio, la competenza è dell’ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa”.

E con tale indirizzo occorrerà fare i conti.

 

Avv.ti Pierpaolo Greco e Roberto Di Francesco

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