QUALE COMPENSO PER L’AVVOCATO AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO?

di Manuela Zanussi

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Ai sensi del combinato disposto degli articoli 424 e 379 del Codice Civile, l’ufficio dell’amministratore di sostegno è presuntivamente gratuito.

Previsto al Titolo XII del libro Primo del Codice, l’istituto dell’amministrazione di sostegno è disciplinato sotto la rubrica “delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”, con la ratio di introdurre nel sistema una figura familiare che stringa il cerchio di protezione attorno al soggetto debole, senza privarlo totalmente di poteri di autodeterminazione.

L’amministratore viene infatti preferibilmente scelto -per dictum di legge ma anche per consolidata prassi- entro la cerchia familiare e dunque “ove possibile” ad essere nominato sarà

il coniuge non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata”.

Vi sono tuttavia dei casi, previsti dall’art. 408 c.c., in cui il Giudice può nominare all’incarico di natura pubblicistica di amministratore altra persona idonea”, purchè

ne ravvisi l’opportunità o ricorrano gravi motivi nel caso di designazione dell’interessato”.

Le predette “altre persone idonee” sono dei professionisti, sovente avvocati o più raramente commercialisti, anche talvolta in co-amministrazione con un familiare.

La scelta di nominare un avvocato, in taluni casi, può addirittura imporsi al Giudice Tutelare in situazioni di elevate conflittualità familiari, con necessità di porre in essere atti dispositivi o anche solo gestori di patrimoni importanti, ovvero quando si tratti di compiere scelte di carattere personale relative alla cura della persona, laddove manchino o siano confliggenti o incompatibili per conflitti di interessi figure familiari aventi la necessaria terzietà e indipendenza al ruolo.

In tali motivati casi e conseguentemente alla nomina extrafamiliare, vengono ravvisate dal Giudice valide ragioni per derogare alla presunzione di gratuità dell’ufficio e dunque ai sensi dell’art. 379 C.c. “considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione” riconoscere al legale incaricato dell’amministrazione un’indennità annuale per il tempo e le risorse dedicate alla gestione del beneficiario e ai suoi interessi, soprattutto quando esse siano numerose e complesse.

Per stabilire criteri uniformi ed ispirati ad equità nella determinazione di tale indennità, sono dunque state elaborate in numerosi Tribunali dei Protocolli ovvero delle Linee guida per orientare i Giudici sia sulla nomina di avvocati all’ufficio, sia per quantificare l’indennità a favore dell’Avvocato che svolge il munus.

Essa viene liquidata, ad anno solare, dal Giudice Tutelare tenendo conto:

  • dell’entità del patrimonio del beneficiario,
  • delle difficoltà incontrate dall’amministratore nella cura della persona ovvero nella cura degli interessi economico-patrimoniali del beneficiario;
  • della numerosità dell’esercizio dei poteri di rappresentanza e dell’incidenza dell’esercizio di tali poteri di rappresentanza sia sotto il profilo economico che personale.

Partendo dalle somme “liquide” del beneficiario, giacenti sui conti correnti o variamente investite, l’indennità va normalmente individuata secondo una percentuale, successivamente aumentabile in base a coefficienti moltiplicatori riconducibili, da un lato, alla presenza di beni immobili da gestire e, dall’altro, alle specifiche e concrete difficoltà inerenti la cura della persona o la gestione degli interessi della stessa.

Ad esempio: l’assunzione di una collaboratrice familiare e la gestione del contratto lavorativo, la gestione di un forte conflitto familiare tra i figli del beneficiario, il compimento di scelte mediche rilevanti quali la sottoposizione a cure o interventi chirurgici; l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario e la redazione della dichiarazione di successione, etc.

Sono sempre rimborsabili le spese vive anticipate, previa allegazione di giustificativo.

A tale indennità spettante all’avvocato che svolga l’ufficio di amministratore di sostegno la giurisprudenza riconosce da tempo natura non reddituale ma compensativo-remunerativa (Commissione regionale tributaria Friuli Venezia Giulia 218/2016, facendo seguito alla Commissione Tributaria Provinciale di Trieste n. 283 del 2014 e all’ordinanza n. 1073 del 1988 della Corte Costituzionale e alla sentenza n. 7355 del 1991 della Corte di Cassazione), sebbene l’Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Coordinamento Normativo abbia emesso la Risoluzione 2/E del 9.1.2012 di diverso avviso.

Da tale natura puramente indennitaria deriva una duplice conseguenza:

  • non va dichiarata nel reddito professionale ai fini Irpef (non imponibile)
  • non va maggiorata di oneri accessori (spese generali, né Cassa né IVA).

Quanto sopra, ferma restando -in ogni caso- la necessità di procedere alla nomina di un legale con le modalità dell’art. 374 c.c., quale atto di straordinaria amministrazione sottoposto ad autorizzazione, qualora si configuri in capo all’avvocato un vero e proprio conferimento di mandato d’opera professionale per il patrocinio di vertenze civilistiche giudiziali o stragiudiziali anche in proprio ex art. 86 cpc.


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