L'avvocato al servizio della legalità

di Giovanni D'Innella

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In questo panorama – a volte surreale – plasmato dalla mutevolezza della realtà circostante, determinante è il ruolo – socialmente utile e costituzionalmente necessario – dell’avvocato.
Esso, infatti, assieme al magistrato, si prodiga nella corretta interpretazione della legge ormai mutevole, cercando – dunque – di dare “certezza al diritto” tramite l’affermazione del principio di legalità.
In questa affannosa e delicata opera interpretativa – volta alla tutela dei diritti del singolo individuo – l’Avvocato deve lasciarsi guidare da un dovere per lui essenziale: il dovere di tutela dei diritti umani.
Tale dovere rinviene la sua primaria fonte nella Costituzione Repubblicana, che all’articolo 2 prevede il riconoscimento e la garanzia, da parte della Repubblica italiana, dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Ebbene, basta guardarsi attorno per capire come questa disposizione molto spesso si trasformi in una vuota formula legislativa; difatti, la garanzia di tali diritti inviolabili, pur solennemente riconosciuta, molto spesso si scontra con la garanzia degli interessi dello Stato, uscendo sconfitta da questa battaglia sicuramente combattuta ad armi impari.
Eppure, la collocazione di questo articolo dovrebbe far riflettere; esso, infatti, inserito tra i principi fondamentali, palesa la volontà del legislatore costituente di ritenere il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo in esso previsto, quale elemento imprescindibile in uno Stato di diritto.


Si è tra l’altro in presenza di un riconoscimento fatto all’uomo in quanto tale, e non in quanto cittadino, con un implicito riconoscimento, dunque, di un primato della persona rispetto allo Stato.
Di tanto, per fortuna, si è dimostrata consapevole la Corte Costituzionale, più volte intervenuta per dare concretezza al testo di questo articolo – adeguandolo alle esigenze reali – e riuscendo in alcuni casi a travalicare i limiti che qualcuno vorrebbe riconoscere allo stesso. Essa, soprattutto in tempi recenti, ha infatti individuato diritti nuovi non espressamente codificati, ma ugualmente ritenuti inviolabili e suscettibili di una tutela rafforzata.
Complice di questo estro creativo è sicuramente l’influenza della normativa sovranazionale, particolarmente attenta – quest’ultima – alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.
Basti pensare alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che, all’epoca della sua adozione, rappresentò una svolta innovativa e soprattutto civile, in un mondo che risorgeva dagli orrori e dalle distruzioni della guerra.
Siffatta Convenzione, tesa a rischiarare l’umanità all’epoca calata nelle tenebre, voleva non solo restituire pace e prosperità all’Europa, ma soprattutto attribuire a quest’ultima il ruolo di guida del destino dell’Occidente.
Potente era il mezzo prospettato per il raggiungimento di questi obiettivi: i valori della dignità della persona, declinati in un catalogo di diritti integrato dai diritti economici e sociali.
Ed è soltanto oggi, a distanza di anni dall’adozione della Convenzione, che si riesce a percepire l’innovazione da essa portata, la sua carica rivoluzionaria, che addirittura supera il significato e la funzione della Carta europea dei diritti fondamentali siglata a Nizza.
Quest’ultima, però, contrariamente alla prima, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha assunto il medesimo valore giuridico dei trattati e si pone, dunque, come pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri.


L’Europa può quindi ben parlare, in termini credibili, di tutela dei diritti umani e, non solo e non tanto perché riconosce i diritti fondamentali dell’individuo come inalienabili ed universali, ma perché ha altresì creato istituzioni ad hoc per tutelare tali diritti.
Anche il modello economico-sociale a cui si ispira l’Unione europea si fonda sul rispetto dei diritti fondamentali che devono, questo sì, essere bilanciati con i principi della integrazione del mercato e della libertà di concorrenza.
Inoltre, incessante è l’attività della Corte di Giustizia che da sempre si è prodigata, al pari della Corte Costituzionale italiana, nella diffusione della cultura dei diritti fondamentali.
Quando si affronta il tema della tutela dei diritti dell’uomo non ci si può limitare, come finora si è fatto, ad un esame della “realtà formale” fatta di leggi, di principi, di sentenze, ma bisogna spingersi ad un’analisi concreta volta a verificare l’effettiva osservanza, nella vita quotidiana, di tali principi consacrati a livello normativo e giurisprudenziale.
Ed è qui che purtroppo nascono i problemi, in quanto il garantismo, offerto dall’impianto normativo e giurisprudenziale sopra delineato, viene nella realtà spesso sacrificato.
Ci si trova, difatti, di fronte ad un vero e proprio assedio di quei diritti fondamentali dell’uomo che la normativa nazionale e sopranazionale prova a tutelare.
In un contesto così tratteggiato, si colloca la figura dell’Avvocato che, come già rilevato, ha il dovere di tutelare i diritti dell’individuo; d’altronde esso, pur attraversando nel corso della sua vita fasi aspre e tumultuose, non ha mai abbandonato il suo ruolo di custode della legalità e dei diritti dei cittadini. E non poteva essere diversamente, in quanto è questa la sua natura.
L’avvocato, abile domatore del diritto e pronto a coglierne le varie sfaccettature, vive per alimentare la difesa dei diritti dell’uomo, per proporre soluzioni equilibrate di composizione delle liti, ponendosi dunque come uno dei cardini dello Stato di diritto.


Ciò nonostante, la sua voglia di mettere il diritto al servizio dei cittadini si scontra ancora una volta con la dura realtà, questa volta delle nostre Corti, caratterizzata da tempi del processo abnormi, complessità dei riti; tutti fattori, questi, che tendono – inevitabilmente – a scoraggiare l’accesso alla giustizia e, quindi, a comprimere in nuce la tutela di pretese giuridicamente fondate.
In questo contesto emerge, dunque, prepotentemente l’imprescindibile ruolo dell’Avvocato, vero e proprio mediatore della tutela dei diritti umani.
E’ infatti l’Avvocato che rende consapevole il cliente dei diritti che l’ordinamento gli riconosce ed è sempre l’Avvocato che si adopera nella tutela degli stessi, mediante il ricorso ai rimedi che meglio si attanagliano alle esigenze stesse di tutela.
L’avvocato, peraltro, è ben consapevole della mutevolezza della realtà che lo circonda e delle difficoltà che quotidianamente vengono frapposte alla tutela dei diritti, ma non può per questo dismettere il suo ruolo.
Egli, anzi, deve scendere in campo con coraggio consapevole che la sua arma, ossia la conoscenza delle leggi e la corretta interpretazione delle stesse, se usata a dovere ben potrà portare a riaffermare la primazia dei diritti e delle libertà dell’uomo.
E’ dunque evidente che la tutela di questi diritti fondamentali – riconosciuti come si è visto a livello costituzionale ma soprattutto europeo – si riverbera in maniera inevitabile sul modo di essere della stessa professione di avvocato.
Quest’ultimo è infatti tenuto, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ad interpretare la legge nazionale che attiene ai diritti fondamentali in conformità alle norme europee e a chiedere al giudice un’applicazione conforme o la disapplicazione della stessa, se in contrasto con la norma europea.
L’avvocato, dunque, non può più limitarsi alla conoscenza e all’applicazione della normativa nazionale, ma deve allargare i suoi orizzonti, in quanto si trova ad operare in un contesto caratterizzato da un’osmosi, continua e ormai incessante, fra ordinamento nazionale e sovranazionale.


I diritti fondamentali pongono così al professionista nuovi doveri e responsabilità verso gli altri e verso la società, che si aggiungono a quelli iscritti nel codice deontologico ed anzi ne costituiscono una preliminare chiave di lettura e di interpretazione.
Si dischiude, pertanto, uno scenario professionale del tutto nuovo nel quale l’Avvocatura può e deve svolgere il proprio ruolo di grande rilievo sociale, in particolar modo adoperandosi nella difesa dei diritti affidatale dalla Costituzione.
Soltanto in questo modo l’avvocato potrà spogliarsi della veste di uomo autoreferenziale e venale attribuitagli dai suoi detrattori, per dimostrare come sia possibile cooperare con le istituzioni per migliorare la tutela dei diritti fondamentali stessi, per attenuare gli effetti deleteri della crisi economica, per risolvere i problemi annosi e gravi della amministrazione della giustizia, ai quali ormai da decenni attendono, senza risultati concreti, i governi e i parlamenti succedutisi nel tempo.

Avv. Giovanni D’Innella

 

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