CLUBHOUSE: NUOVO SOCIAL, VECCHI PROBLEMI

di Stefano Aterno - Ernesto Belisario

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Tutti pazzi per Clubhouse, il social del momento, lanciato nella primavera del 2020 dalla società USA Alpha Exploration Co. e disponibile, per ora, solo per dispositivi iOS e su invito.

Il funzionamento di Clubhouse è semplice: gli iscritti interagiscono tra di loro solo via audio, creando stanze tematiche in cui ci sono ruoli ben definiti (moderatori, speakers, ascoltatori).  Non ci sono post, like, commenti o messaggi privati: tutta l'interazione è basata sulla voce e nulla viene registrato.

Tutti pazzi per Clubhouse, dicevamo. Si tratta di un luogo in cui si può partecipare a discussioni molto interessanti, con l’entusiasmo che dà sperimentare nuove esperienze (social).

Tuttavia, guardando alla piattaforma con gli occhi del giurista, la sensazione è che la società californiana (valutata già 1 miliardo di dollari) abbia prestato molta attenzione agli aspetti tecnici e di funzionalità e poca agli aspetti normativi e ai diritti degli utenti europei.

Innanzitutto i termini d’uso e la privacy policy sono soltanto in inglese. Inoltre, i documenti, ingiustificatamente prolissi, fanno riferimento soltanto a leggi statunitensi (e in particolare alle norme dello Stato della California).

Nessun riferimento alle norme europee con cui, da anni, tutte le altre grandi piattaforme stanno facendo i conti, come il GDPR, il Regolamento sulla protezione dei dati personali.

Ai sensi e per gli effetti di questa normativa infatti, a prescindere dal luogo in cui vengono trattati e conservati i dati degli utenti e dal luogo in cui ha la sede legale il titolare del trattamento, se vengono registrati, conservati e in ogni modo trattati i dati di soggetti residenti nell’Unione Europea è obbligatorio adempiere alle disposizioni del GDPR.

Non si tratta soltanto di una mancanza formale: non sono chiarite le modalità con cui vengono trattati (negli USA?) i dati degli utenti europei e si pongono dubbi sull’aderenza ai principi della normativa UE, come quello di privacy by design. Basti pensare, ad esempio, che per invitare un amico è necessario consentire l’accesso a tutta la sua rubrica e che non è possibile gestire le notifiche dell’app in modo selettivo.

È questo il motivo per cui l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali si è già attivata, richiedendo chiarimenti alla società che gestisce la piattaforma.

Ma quelle sulla protezione dei dati non sono le uniche criticità del nuovo social. Nei termini d’uso si trovano le indicazioni per gli utenti sui contenuti consentiti e su quelli vietati.

Clubhouse registra tutto quanto accade nelle stanze, con la finalità di punire gli eventuali abusi. Le registrazioni – crittografate - vengono cancellate al termine della stanza, a meno che non ci siano contestazioni, nel qual caso la registrazione è conservata per il termine necessario a condurre le necessarie indagini.

Questo è sicuramente un punto centrale. Come accaduto per altri social, la crescita degli utenti e dei contenuti renderà sempre più necessario ricorrere alla moderazione dei contenuti e al ban degli utenti.

I fondatori di Clubhouse ne sono consapevoli, ma rivendicano piena discrezionalità sulle proprie scelte. Sulle pagine del sito si legge:

comprendiamo che non tutti gli utenti di Clubhouse condivideranno le nostre opinioni su ciò che costituisce una violazione di queste Linee guida della community. Tuttavia, per gestire una piattaforma funzionale, dobbiamo riservarci il diritto di determinare a nostra esclusiva discrezione cosa costituisce una violazione.”

Si tratta di un atteggiamento che non tiene conto dell’orientamento che si sta affermando - e recepito ormai nel progetto di Digital Services Act presentato dalla Commissione Europea - secondo cui gli utenti hanno diritto a trasparenza di regole e criteri di moderazione oltre che del modo in cui vengono applicati.

Ci sono alcuni problemi pratici e legati al suo funzionamento. Ad esempio se non si è connessi nell’orario in cui c’è un evento che ti interessa te lo perdi.

Questo accade perché gli eventi non possono essere registrati. O si mette la sveglia sull’orario e ci si collega in tempo o risulta inevitabile non poter fruire di certi contenuti, che svaniscono e non lasciano tracce.

Questa “esclusività” può da un lato essere un vantaggio ma dall’altro anche rivelarsi un boomerang.

Questo Social infatti non ha possibilità di essere condiviso con una pluralità di persone attraverso altri social. Indubbiamente la chat room audio modalità convegno aperto a tutti gli utenti di questo Social è una novità accattivante e sotto il profilo giuridico non sembrano fondate le critiche di mancato controllo e di cancellazione immediata dei contenuti.  Piuttosto bisognerà vedere se riuscirà a resistere sul mercato e allargare la sua base di utenti visto che, come sembra da indiscrezioni ormai pubbliche, anche altri Social stanno aprendo Chatroom audio.

É il caso di Twitter, che vuole lanciare la sua nuova funzione Spaces a partire da aprile.

I temi sopra sollevati sembrano costituire il primo ostacolo a questa nuova creatura del mondo dei Social network.

I fondatori di Clubhouse avrebbero dovuto tener conto  che un social è “transfrontaliero per definizione” e quindi dovrebbe tenere conto delle normative dei diversi paesi del mondo.

 Avv. Stefano Aterno  Foro di Roma 

Avv. Ernesto Belisario Foro di Potenza

 


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