L’integrazione al minimo della pensione dell’avvocato: come, quando, perché

di Avv. Agostino Maione

Stampa la pagina
foto

L'integrazione al minimo della pensione forense: cos'è e chi ne ha diritto

Il “Regolamento per le prestazioni previdenziali”, all’art. 5, prevede che quando l’importo della pensione è inferiore al minimo, è corrisposta un’integrazione, a domanda dell’interessato, sino al raggiungimento del predetto importo minimo, rivalutato annualmente e fissato per l’anno in corso in euro 11.949,00.

L’integrazione al minimo costituisce la più classica applicazione pratica di quei principi, di solidarietà e mutualità, che caratterizzano l’intero sistema previdenziale e assistenziale forense: l’iscritto che, con i redditi prodotti e i contributi versati nel corso della vita lavorativa, non riesce a raggiungere un trattamento pensionistico dignitoso, riceve un aiuto concreto da parte della collettività degli iscritti, sotto forma appunto d’integrazione dell’assegno pensionistico.

Come richiedere l'integrazione al minimo della pensione forense

Ovviamente tale misura, molto onerosa per la Cassa, non può essere concessa a tutti, anche perché deve essere sostenibile da un punto finanziario, ed è riservata:

  • a chi abbia maturato i requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia (art. 2 del Regolamento) o per quella di anzianità (art. 7 del Regolamento), solo se al momento del pensionamento o anche in seguito, non disponga di altri redditi sufficienti;
  • ai pensionati d’inabilità (art. 9 del Regolamento), d’invalidità (art. 10 del Regolamento),  di reversibilità (art. 12, commi primo e secondo del regolamento) e indiretta (art. 12, commi terzo, quarto e quinto del Regolamento), le cui pensioni sono sempre garantite al minimo a prescindere dal possesso di altri redditi da parte del titolare del trattamento (la solidarietà in tali casi è d’obbligo, trattandosi di colleghi particolarmente sfortunati o di superstiti di un collega prematuramente deceduto).

L’integrazione al minimo non è invece riconosciuta in nessun caso ai pensionati di vecchiaia contributiva (art. 8 del Regolamento), atteso che tale trattamento pensionistico è di tipo “residuale”, potendosi maturare anche con appena cinque anni di effettiva iscrizione e contribuzione.

Un’attenzione particolare merita il caso dei pensionati di vecchiaia e di anzianità, i quali possono chiedere (altrimenti il beneficio non sarà concesso) l’integrazione al minimo all’atto del pensionamento o anche in seguito,  quando “il reddito complessivo dell’iscritto e del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, comprensivo dei redditi da pensione nonché di quelli soggetti a tassazione separata o a ritenuta alla fonte, non sia superiore al triplo del trattamento minimo” (art. 5 comma terzo del Regolamento)

Le modalità di computo del reddito complessivo dell’iscritto e del coniuge, ai fini dell’integrazione al trattamento minimo, sono indicate dal Regolamento (art. 5, comma 4), che prevede, poi, la reiterazione ogni tre anni della domanda di integrazione al trattamento minimo, al fine di consentire alla Cassa di verificare periodiamente il permanere dei requisiti per la concessione del beneficio.

I redditi, come è ovvio, non sono fissi e bisogna fare attenzione alle variazioni che ben ci possono essere negli anni. Se da un lato il pensionato di vecchiaia o di anzianità che ha ottenuto il trattamento di integrazione al minimo può perderlo perché magari ha avuto entrate diverse o è aumentato sensibilmente il reddito del coniuge, quello che, invece, non ha ottenuto o magari non ha neppure richiesto l’integrazione al trattamento minimo deve fare attenzione e richiedere il trattamento quando se ne verificano i presupposti normativi.

Sarà bene, dunque, che i colleghi pensionati di vecchiaia o di anzianità che percepiscono un assegno pensionistico molto basso prestino attenzione alla propria situazione reddituale e, anche quando all’atto del pensionamento non hanno chiesto e/o ottenuto l’integrazione al trattamento minimo, inoltrino la domanda non appena se ne verificano i presupposti reddituali.

Non si tratta di grandi importi ma l’integrazione al minimo può costituire un valido presidio per assicurare a chi ne ha bisogno un supporto economico, il più delle volte prezioso.

 

 


Altri in PREVIDENZA