CESSIONE A TERZI DELLA LICENZA ED INDENNIZZO PER CESSAZIONE DEFINITIVA ATTIVITÀ COMMERCIALE

di Corrado Spina

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Il beneficio del diritto a percepire un indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività commerciale, è stato introdotto dal D. Lgs. 28 marzo 1996 n. 207, in attuazione della delega contenuta nell'art. 2 co. 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, a favore dei soggetti che cessano definitivamente l'attività commerciale, in qualità di titolari o di coadiutori.

La  successiva legge  27 dicembre 1997 n. 449  ha esteso l'indennizzo anche agli agenti e rappresentanti di commercio nonché agli esercenti attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, come specificato meglio anche dalla Circolare Inps del 18 febbraio 1998 n. 39.

Tale indennità è stata prorogata più volte, da ultimo dalla legge 30 dicembre 2018 n. 145 (Legge Bilancio 2019) che ha trasformato in definitivo l’indennizzo;   l’Inps con la Circolare 24 maggio 2019 n. 77 ed il successivo Messaggio del 6 dicembre 2021 n. 4345 ha fornito le ulteriori istruzioni applicative.

Indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività commerciale: chi ne ha diritto

I destinatari del beneficio sono i soli iscritti alla Gestione Inps dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali che esercitano, quali titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa o su aree pubbliche (esclusi i commercianti all'ingrosso), anche di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, nonché agenti e rappresentanti di commercio (esclusi i loro coadiutori).

Tali soggetti devono aver compiuto almeno 62 anni, se uomini, ovvero almeno 57 anni, se donne (al momento della presentazione della domanda); devono risultare iscritti per almeno 5 anni, in qualità di titolari o di coadiutori, alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.

Qual è l'importo indennizzabile per la cessazione definitiva dell’attività commerciale

L'importo dell'indennizzo è pari al trattamento pensionistico minimo (524,35 Euro mensili) e viene erogato agli aventi diritto fino al momento della decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia (67 anni) nei limiti della disponibilità delle risorse del Fondo per la razionalizzazione della rete commerciale di cui all'art. 5 del D. Lgs. 207/1996.

Gli artt. 1 e 2 del Decreto Legislativo 28 marzo 1996 n. 207 disciplinano sia l’indennizzo per coloro che cessano definitivamente l’attività commerciale e sia i requisiti che devono possedere i soggetti che presentava la domanda, ovvero :

  • Età superiore a 62 anni se uomini e 57 anni  se donne;
  • Iscrizione, al momento della cessazione dell’attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’Inps.

    I requisiti di cui ai nn.1-2 devono essere contestuali al momento della richiesta. Unitamente a tali requisiti per l’erogazione dell’indennizzo sono previste alcuni condizioni, quali:

  • Cessazione definitiva dell’attività commerciale;
  • Riconsegna dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività commerciale;
  • Cancellazione del soggetto titolare dell’attività dal registro degli esercenti il commercio e dal registro delle imprese presso la camera di commerci.

   Di conseguenza i soggetti in possesso sia dei riferiti requisiti che delle condizioni possono reclamare alla competente sede territoriale dell’INPS l’indennizzo di cui al D. Lgs. 207/1996; il quale ha un limite temporale in  quanto viene corrisposto sino alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia.

A proposito si rappresenta che “in ordine al termine finale di erogazione dell'indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale, previsto dall'art. 1, comma 272, della l. n. 207 del 1996, per coloro che si cancellino dal registro degli esercenti il commercio e dal registro delle imprese, l'esplicito richiamo all'età pensionabile di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, lungi dal rappresentare il limite invalicabile oltre il quale l'indennizzo non può più essere corrisposto, integra un rinvio generale alla disciplina propria della gestione a carico della quale grava la pensione dell'interessato, che deve essere aggiornato sulla base delle modifiche normative intervenute nel tempo, di modo che l'interessato conserva il diritto alla percezione del beneficio fino all'effettivo conseguimento della prestazione pensionistica” (Cass. 12  marzo 2020 n. 7088).

La vicenda esaminata da una recente sentenza della Corte di appello di Salerno (sentenza 18.5.2022 n. 258)  trae origine da una domanda presentata da una signora che cessata l’attività commerciale ed essendo in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi ha richiesto alla competente sede Inps, l’indennizzo di cui al D. Lgs. 207/1996, con decorrenza gennaio 2016.

L’Inps rigettava la domanda, in quanto l’attività non era cessata ma era stata soltanto  ceduta a terzi la licenza commerciale, per cui veniva meno una delle condizioni previste.

Nel caso di specie, inoltre, la licenza commerciale non veniva restituita all’Ente Pubblico che aveva rilasciato l’autorizzazione, così come indicato nella normativa vigente, ma era stata ceduta a terzi e di conseguenza si era verificata la violazione di uno dei requisiti previsti.

Avverso tale provvedimento amministrativo l’ex titolare dell’attività commerciale si rivolgeva al Tribunale di Salerno affinché fosse accertato il diritto all’ottenimento all’indennizzo di cui all’art. 1 co. 490  della legge 27 dicembre 2013 n. 147,proroga della cosiddetta “rottamazione delle licenze commerciali”, di cui al D. Lgs. 207/1996.

Il giudice di primo grado respingeva il ricorso con la seguente motivazione “La ricorrente, al momento della presentazione della domanda, pur risultando in possesso, dei requisiti anagrafici e contributivi previsti ex lege, ha ceduto a terzi la licenza per la continuazione dell’attività imprenditoriale, e pertanto, risulta esclusa dall’ambito di applicazione della legge in esame”.

Contro tale decisione la ricorrente presentava appello sostenendo la erroneità della stessa.

La Corte di Appello ha respinto il gravame  in quanto “L’impresa individuale non è cessata definitivamente, ma è stata ceduta a terzi e non sussiste la condizione della cessazione definitiva di tutte le attività commerciali esercitate”.

Inoltre, non si era determinata la cessazione definitiva dell’attività, in quanto la stessa era proseguita con un nuovo acquirente che poteva utilizzare l’autorizzazione ricevuta anni prima dall’alienante.

La Corte evidenzia che “L'indennizzo ex art.2 D. Lgs. 207/1996 spetta soltanto agli imprenditori la cui attività commerciale sia definitivamente cessata in senso oggettivo e assoluto e non anche ai soggetti che abbiano venduto la propria attività a titolo oneroso.” (Corte di Appello di Milano 24 gennaio 2020 n. 2077).

Pertanto, per aver diritto all’indennizzo richiesto quale misura di accompagnamento all’accesso alla pensione di vecchiaia, bisogna essere in possesso di tutti i requisiti e di tutte le condizioni previste, con la conseguenza che la mancanza di uno di essi preclude il riconoscimento del beneficio in questione.

Per concludere, i titolari di attività commerciali che intendono aderire alla proposta di indennizzo di cui al D. lgs. 207/1996 e s.s., in attesa di ricevere la pensione di vecchiaia, devono possedere tutti i requisiti e le condizioni previste dalla normativa vigente al momento della presentazione della domanda alla sede Inps competente, tra cui  la cessazione definitiva  dell’attività commerciale e la consegna della licenza commerciale all’ EntePubblico preposto


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