SUCCESSIONI: L’INCAPACITÀ DI TESTARE DEVE ESSERE ASSOLUTA E RIGOROSAMENTE PROVATA

di Alessia Casotto Foro Padova

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L'art. 591 c. 2 n. 3 c.c. dispone che sono incapaci di testare “quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento”

Sul tema è intervenuta la pronuncia n. 1515 del 6.05.2022 con cui la Corte di Appello di Milano ha definito il giudizio di impugnazione di una sentenza del Tribunale meneghino, di cui gli appellanti chiedevano la riforma nella parte in cui dichiarava valido il testamento segreto con il quale l’anziana testatrice aveva disposto del proprio patrimonio in difformità a tutte le disposizioni precedenti.

Nel rigettare il motivo di gravame, la Corte ha ribadito con chiarezza il principio, già consolidato in giurisprudenza, per cui lo stato di incapacità di testare deve essere valutato con particolare rigore, non essendo sufficiente una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì occorrendo la prova che, a causa di una infermità transitoria o permanente ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi

Quanto alla prova dell'incapacità -che può essere data con ogni mezzo- in caso di infermità tipica, permanente e abituale, essa si presume e la prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo grava su chi affermi la validità dello stesso; al contrario, nel caso di infermità intermittente o ricorrente, poiché si alternano periodi di capacità e di incapacità, la predetta presunzione non opera e la prova della sussistenza dell’incapacità al momento della redazione del testamento deve essere data da chi lo impugna

Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto di non accogliere il motivo di gravame in quanto l’appellante non aveva fornito la prova che la de cuius versasse in uno stato di incapacità tale da renderla priva in modo assoluto della coscienza dei propri atti e della volontà di determinarsi coerentemente con essi, né aveva dato dimostrazione di una condizione permanente di incapacità di intendere e di volere tale da giustificare una diversa ripartizione dell’onere probatorio, con l’operatività della presunzione poc’anzi richiamata.

Interessanti le deduzioni con cui la Corte ha chiarito per quale motivo gli elementi di prova addotti da parte appellante non sono stati ritenuti idonei a dimostrare lo stato di incapacità naturale al momento della redazione del testamento.

In assenza di documentati elementi di segno contrario di natura medico-legale, l’Autorità giudicante non ha ritenuto in alcun modo rilevante, ai fini della prova della prospettata incapacità naturale della de cuius, l’età avanzata della stessa, in sé considerata, né la sua infermità fisica, seppur tale da rendere necessaria un’assistenza continuativa, sottolineando come difficoltà di deambulazione o persino condizioni di allettamento non siano di per sé significative di carenza o di incapacità di intendere e di volere

Analogo ragionamento ha portato la Corte a ritenere altrettanto ininfluente, ai fini della prova dell’incapacità, la documentazione medica allegata alla richiesta di riconoscimento dell’invalidità civile trasmessa all’INPS circa un anno dopo la redazione del testamento impugnato. 

Trattasi infatti di certificazione specificatamente finalizzata all’ottenimento di agevolazioni amministrative che, come tale, non rileva ai fini dell’accertamento dello stato di capacità della testatrice, in quanto avente diversa finalità ed essendo anch’essa successiva di oltre un anno rispetto alla data di redazione della scheda testamentaria. 

La Corte ha infine ribadito come il Giudice non possa ignorare il contenuto intrinseco dell'atto di ultima volontà e gli elementi di valutazione da esso desumibili in relazione alla serietà, normalità e coerenza delle disposizioni in esso espresse, con riferimento ai sentimenti e ai fini che risultano averle ispirate.

Se già tutte le altre risultanze istruttorie inducevano a escludere la prospettata incapacità naturale della de cuius all'epoca della redazione del testamento in contestazione, lo stesso contenuto di tale atto risultava significativo di una volontà lucida e determinata, assolutamente avulsa da espressioni eccentriche incomprensibili o addirittura farneticanti.

L’atto, pur contenendo disposizioni incompatibili con quelle di precedenti testamenti, appariva pienamente coerente con gli eventi accaduti in quello stesso lasso temporale, che ben potevano aver indotto l’anziana ad un ripensamento circa le proprie volontà testamentarie.


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