LA MOROSITÀ’ CONDOMINIALE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

di Giuseppe Zangari

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La celebrazione dell’assemblea condominiale da remoto, validata dal consenso maggioritario della compagine, può contribuire a sbloccare lo stallo nell’approvazione dei rendiconti maturati durante l’emergenza sanitaria, ancorché permane, quale misura di segno opposto, la sospensione delle procedure esecutive aventi a oggetto l’immobile adibito ad abitazione principale.

Il novellato art. 66 disp. att. c.c. 

All’esito delle pressioni esercitate dalle associazioni di settore (non tutte, per la verità) e dagli addetti ai lavori, è di questi giorni l’entrata in vigore della legge n. 159/2020 di conversione del D.L. n. 125/2020.

Dopo l’iniziale, pernicioso immobilismo assunto dal legislatore durante la seconda ondata pandemica, l’art. 5bis della legge n. 159/2020 ha apportato una modifica decisiva all’art. 66, comma 6 disp. att. c.c. -già oggetto di intervento per mezzo dell’art. 63, comma 1bis del D.L. n. 104/2020 (cosiddetto “Decreto Agosto”), aggiunto in fase di conversione dalla legge n. 126/2020- sostituendo, con riferimento al quorum necessario per celebrare validamente un’assemblea in videoconferenza, le parole «tutti i condomini» con «la maggioranza dei condomini».

Pertanto, possono finalmente svolgersi le assemblee condominiali on-line ove detta modalità incontri il favore maggioritario dei condomini, non essendo più necessaria l’unanimità richiesta dalla precedente versione che, all’atto pratico, era difficilmente conseguibile, specie nei fabbricati di rilevanti dimensioni.

La modifica non è esente da dubbi interpretativi, specie sul tipo di maggioranza -semplice o qualificata-, sulla possibilità di inserire una clausola di tal genere nel regolamento di condominio, sui profili inerenti al concreto svolgimento e verbalizzazione della seduta.

Tuttavia, è innegabile che il precipitato applicativo della norma sarà di estremo interesse, poiché consente, tra l’altro, di svolgere le sedute utili all’approvazione dei bilanci condominiali e dei relativi riparti, ossia gli elementi probatori per tabulas richiesti ai fini dell’ingiunzione provvisoriamente esecutiva di cui all’art. 63, comma 2 disp. att. c.c.

Sino a questo momento, infatti, le misure di distanziamento sociale avevano reso l’assemblea in presenza oltremodo problematica e comunque eccessivamente onerosa, non solo in termini economici per il condominio, ma pure dal punto di vista delle responsabilità sanitarie in capo all’amministratore.

E’ pur vero che il termine di cui all’art. 1130, comma 1, numero 10) c.c. è stato sospeso dall’art. 63bis del D.L. n. 104/2020 sino alla conclusione dello stato di crisi -ad oggi ipotizzata dal Consiglio dei Ministri per il 31.1.2021- con conseguente facoltà per l’amministratore di posticipare la stesura del rendiconto ben oltre gli ordinari 180 giorni dalla scadenza dell’esercizio, senza che ciò configuri un inadempimento ai sensi dell’art. 1129, comma 12, numero 1) c.c.

Tuttavia, va osservato non essere stata prevista un’analoga sospensione del termine semestrale ex art. 1129, comma 9 c.c. relativo all’impulso dell’azione di recupero del credito condominiale.

Credito che, per quanto sopra detto, non può essere giudizialmente preteso senza la previa approvazione dell’assemblea.

Un cortocircuito evidente, che esponeva a rischi di tenuta del sistema, tant’è vero che molti amministratori si sono trovati costretti a chiedere acconti sulla scorta dei bilanci non approvati, così da rastrellare la liquidità e poter attendere alle esigenze di spesa più impellenti.

La sospensione delle procedure esecutive.

Al contempo, non esiste un addentellato normativo cui il condomino moroso possa aggrapparsi per evitare o postergare il versamento degli oneri: né la disciplina codicistica né tantomeno la legislazione emergenziale prevedono, infatti, deroghe al principio contributivo sancito dagli artt. 1118 e 1123 c.c.

A differenza di quanto avviene, ad esempio, con le moratorie introdotte in ambito previdenziale e fiscale, la contribuzione condominiale non è mai stata interrotta, permanendo l’obbligo di eseguire i versamenti e, per giunta, in molti casi alle scadenze programmate prima della pandemia.

Tanto più che l’amministratore è legittimato ad avviare la citata azione monitoria di cui all’art. 63, comma 2 disp. att. c.c., senza che sia necessario il previo consenso dell’assemblea (ex plurimis Cass. Civ., n. 27292/2005).

Tuttavia, nella prospettiva di una concreta esazione del credito, non si può non osservare che l’art. 4 del D.L. n. 137/2020 (cosiddetto “Decreto Ristori”) ha, da un lato, prorogato al 31.12.2020 la sospensione delle esecuzioni immobiliari aventi a oggetto le cosiddette “abitazioni principali”, in continuità con quanto già previsto dall’art. 54ter del D.L. n. 18/2020, poi convertito con la legge n. 27/2020; dall’altro lato, l’ultimo capoverso dell’art. 4 ha altresì disposto l’inefficacia dei pignoramenti delle abitazioni principali eseguiti tra il 25.10.2020 e l’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 137/2020, che dovrà avvenire entro il termine del 28.12.2020.

Ne consegue che, ove la legge di conversione abroghi il disposto in esame, l’operatività della norma verrà meno con effetto retroattivo; al contrario, nell’ipotesi di conferma, vi è il rischio che le esecuzioni immobiliari avviate dopo il 25.10.2020 non scontino una semplice sospensione, bensì vengano dichiarate estinte per inefficacia dell’atto introduttivo al pari di quanto già avviene, ad esempio, ai sensi dell’art. 562, comma 1 c.p.c. o dell’art. 164ter disp. att. c.p.c.

Avv. Giuseppe Zangari – Foro di Padova


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