Studio legale associato e recupero compenso del socio

di Leonardo Carbone

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1- L’art. 8, comma 3, D.M. n. 55/2014, prevede espressamente che “Se l’incarico professionale è conferito a una società di avvocati si applica il compenso spettante a un solo professionista, anche se la prestazione è svolta da più soci”.

In ordine alle società tra avvocati occorre segnalare la disciplina dettata dall'art. 1, comma 141, della L. 4 agosto 2017 n. 124, normativa che ha previsto che l’esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in un’apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società. 

La riportata norma di cui al D.M. n. 55/2014, ha dettato le regole relative ai parametri applicabili alle prestazioni rese da società tra avvocati, secondo quanto previsto dall’art. 25 D.Lgs. n. 96/2001.

Dalla formulazione della norma in questione ne deriva che vi è una presunzione iuris tantum in forza della quale, in mancanza di prova scritta di una diversa volontà delle parti, è dovuto il compenso previsto per l’attività svolta da un solo avvocato, anche se concretamente la prestazione è stata eseguita da più avvocati (soci). È fatta, comunque salva la volontà delle parti, nel senso che il cliente può sempre sottoscrivere una apposita clausola derogatoria, sulla base del principio generale della libera determinazione del compenso della prestazione dell’attività dell’avvocato ai sensi dell’art. 2233 c.c., libertà rafforzata dall’art. 9 di cui al D.L. n. 1/2012.

Ai compensi conseguenti a mandato conferito ad una società tra avvocati si applica la normativa relativa ai compensi delle prestazioni professionali rese dall’avvocato a titolo individuale (e quindi, ad esempio, la norma di cui all’art. 2233 c.c. per la determinazione del compenso).

I compensi percepiti, in ipotesi di società tra avvocati, sono crediti professionali imputabili alla società, con la conseguenza che il reddito prodotto è reddito da lavoro autonomo e non reddito di impresa, con applicazione del principio di cassa e non di quello di competenza.

2.-  Per quanto concerne la possibilità per uno studio associato di agire in giudizio ai fini del recupero della parcella del singolo socio vi sono due orientamenti contrastanti della Suprema Corte.

Secondo un primo orientamento (Cass. 20 luglio 2011, n. 15952) lo studio associato non può legittimamente sostituirsi al singolo professionista per quanto concerne i rapporti con la clientela; lo studio associato non è, quindi, legittimato all'azione in giudizio ai fini del recupero della parcella del singolo socio. E ciò in quanto la legittimazione ad agire e contraddire deve essere accertata in relazione non alla sua sussistenza effettiva ma alla sua affermazione con l’atto introduttivo del giudizio, nell'ambito di una preliminare valutazione formale dell’ipotetica accoglibilità della domanda.

Secondo altro orientamento (Cass. 14,2, 2014 n. 3420; Cass 15.4.2013 n. 9110; Cass. 15 luglio 2011, n. 15694; Cass.28.7.2010 n. 17683; Cass.22.10.2009  n. 22439; Cass.16.11.2006  n. 24410), invece,  lo studio associato ha facoltà di agire in giudizio per il pagamento delle prestazioni dei singoli; e ciò in quanto lo studio associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza in conformità della disciplina dettata dagli artt. 36 ss. c.c.

In ordine alla legittimazione attiva dell’associazione professionale a richiedere i compenso per la prestazione resa dal singolo professionista associato di recente la Cassazione con sentenza 17.2.2020 n. 3850, nel confermare il secondo orientamento, “precisa” che l’art.36 cod. civ. stabilisce che l’ordinamento interno e  l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire  la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati.

Ne consegue  che, ove il giudice accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti non può essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi.

Peraltro si evidenzia come il rispetto del principio di personalità della prestazione, che connota i rapporti di cui agli artt. 2229 e ss. cod. civ., ben può contemperarsi con l’autonomia riconosciuta allo studio professionale associato, al quale può essere attribuita la titolarità dei diritti di credito derivanti dello svolgimento dell’attività professionale degli associati allo studio, non rientrando il diritto al compenso per l’attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione (in termini, Cass. 2.7.2019 n. 17718)

In caso di incarico conferito a più avvocati operanti in studio associato, sussiste, quindi,  la possibilità per lo studio professionale associato di ricevere un mandato all'incasso per i singoli associati, dal momento che, essendo l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute, regolati dagli accordi tra gli associati, questi ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati.

Sussiste, quindi la legittimazione dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese e alla gestione congiunta dei proventi.

Avv. Leonardo Carbone - Direttore Responsabile della Rivista 


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