LE GIORNATE SICILIANE DELLA PARI OPPORTUNITÀ

di Antonella Macaluso

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La Sicilia, luogo antico d’approdo e di transito, crogiuolo millenario di razze, lingue, culture differenti. E in essa la meravigliosa cornice di Palermo, l’ampio, sicuro attracco che videro i Greci scegliendo quel nome, (παν-όρμος, “tutto porto”), città cosmopolita per natura, tanto che proprio qui poi Federico II installò la sua corte rendendola centro culturale fervidissimo. 

Dove se non qui dunque, in questa terra tanto amata quanto discussa, ma dove l’accoglienza si fa vocazione, poteva tenersi la seconda Conferenza dei CPO d’Italia?  

Il capoluogo siciliano nei giorni del 24 e del 25 giugno scorso è tornato ad essere luogo di incontro, di confronto, di dibattito su pari opportunità e dintorni.

Un evento che ha visto coinvolti i massimi vertici dell’Avvocatura Siciliana e Nazionale, i componenti del C.N.F., dell’O.C.F. e della Cassa Forense, oltre agli esponenti delle massime Istituzioni Nazionali e Regionali. 

Tanti i temi all’ordine del giorno, dalle questioni riguardanti la natura giuridica, il ruolo e le funzioni dei CPO, alle problematiche legate all’individuazione dei loro ambiti di competenza e dei loro confini, per evitare di invadere i campi altrui e per trovare il giusto punto di equilibrio nei rapporti con i COA.

E ancora, la riaffermazione che lo scopo precipuo dei CPO è quello di contribuire a rimuovere ogni forma di discriminazione nella professione forense - e non solo - valorizzando le differenze,  la necessità di garantire l’attuazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione.; infine l’impegno che nell’ambito della politica forense, in questi anni, è stato profuso dai Comitati per le Pari Opportunità a livello nazionale e territoriale.

Inevitabile poi ragionare anche delle mozioni che i CPO hanno già presentato ai Congressi di Catania e Roma e di quelle, statutarie e politiche, in cantiere per il Congresso di Lecce.  

Si è parlato di gender pay gap nell’avvocatura e nell’impresa, e ci si è interrogati sulle cause della differenza retributiva tra uomini e donne e sugli strumenti già posti in essere dalla Cassa Forense per rimuovere il divario, sollecitando altri interventi a sostegno delle avvocate, che hanno ancora il peso della “cura” della famiglia, nell’ottica di un welfare sempre più in linea con gli standard europei.

Non a caso la questione della parità di genere, ormai non più solamente un’esigenza, ma quasi un’emergenza, alla luce degli ultimi dati del Rapporto Censis sull’Avvocatura, è stata inserita nell’obiettivo 5 dell’Agenda 2030.E come dimenticare l’uso discriminatorio del linguaggio?

Anche le parole sono importanti per definire cose e persone nel modo giusto e corretto, senza scandalizzarsi più davanti all’uso di sostantivi come avvocata, magistrata, sindaca, ministra, procuratrice, perché la parità di genere passa anche da qui.

Essa è traguardo anche e forse soprattutto culturale. E l’Avvocatura, élite della società, non può rimanere indietro e deve, anzi, farsi promotrice del cambiamento a livello nazionale ed europeo. 


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