SUPERAMENTO PERIODO MASSIMO DEL PRATICANTATO: "RICADUTE" PENALI E PREVIDENZIALI

di Leonardo Carbone

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Con sentenza n. 23608 del 16.06.2022 la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato l'indirizzo giurisprudenziale in base al  quale costituisce esercizio abusivo della professione, con risvolti penali ex art. 348 cod. pen., la condotta del praticante avvocato che, pur essendo scaduto il termine di sei anni previsto per la "durata" dell’abilitazione provvisoria al patrocinio, prosegua nella difesa di una parte compiendo attività istruttoria e rassegnando le conclusioni.

La scadenza del periodo di praticantato ha anche riflessi previdenziali.

Infatti, con il decorso del periodo massimo di praticantato, cessa automaticamente il diritto del praticante avvocato al mantenimento dell'iscrizione alla Cassa Forense (Cass. Civ. 28.11.2017 n. 28405; M. Proietti, Giovani avvocati e previdenza: gli errori da evitare, in Prev. Forense, 2015, 3; N. Zaffina, Dalla “pratica” al “tirocinio”, cosa cambia e quali le ricadute “previdenziali”, in Prev. Forense, 2013, 143).

Ne consegue l’illegittimità dell’iscrizione alla Cassa Forense del periodo d'illegittima iscrizione nel registro dei praticanti per superamento del periodo massimo fissato dalla legge. Peraltro è irrilevante il mancato o tardivo esercizio del potere del Consiglio dell’Ordine di non cancellare il praticante alla scadenza del periodo fissato dalla legge; e ciò in quanto l’iscrizione alla Cassa viene a cessare al raggiungimento del termine massimo di durata del praticantato previsto dalla legge.

A proposito della posizione previdenziale del praticante avvocato, occorre evidenziare la nuova disciplina di cui all’art. 5 del Regolamento Unico della Previdenza Forense, di attuazione dell’art. 21, commi 8 e 9 della L. n. 247 del 2012, norma la quale statuisce che l’iscrizione alla cassa è facoltativa per tutti gli iscritti nel registro dei praticanti avvocati che siano in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza.

L’iscrizione, a domanda, potrà riguardare tutti gli anni d'iscrizione nel registro dei praticanti, a partire da quello del conseguimento della Laurea in Giurisprudenza, ad eccezione di quelli in cui il praticante abbia, per più di sei mesi, svolto il tirocinio contestualmente ad attività di lavoro subordinato. Dalla riportata norma consegue che i requisiti per l’iscrizione facoltativa alla cassa (a domanda degli aventi diritto) sono: a) laurea in giurisprudenza; b) iscrizione nel registro dei praticanti (per l’iscrizione alla Cassa è stata così superata la distinzione fra praticante con e senza patrocinio).

Il periodo di praticantato, per un massimo però di cinque anni da quello del conseguimento del Diploma di Laurea in Giurisprudenza, può essere “recuperato” a fini previdenziali anche successivamente, con apposita domanda da presentarsi entro sei mesi dalla ricezione della comunicazione di avvenuta iscrizione alla Cassa come avvocato, mediante la “c.d. retrodatazione” (art. 3 del Regolamento Unico della Previdenza Forense). Il relativo onere sarà pari a tutti i contributi dovuti per gli anni relativi alla pratica professionale che formano oggetto di retrodatazione, ferma restando la contribuzione minima.

Il periodo di praticantato potrà, infine, essere oggetto di riscatto (art. 31 del Regolamento Unico della Previdenza Forense) in qualsiasi momento, con pagamento però, anziché della contribuzione (e interessi), dell’onerosa riserva matematica.

Nel caso in cui il praticante avvocato “opti” per l’iscrizione alla Cassa Forense, deve trasmettere (alla Cassa) domanda di iscrizione con decorrenza per l’anno in corso o con effetto retroattivo, a decorrere da quello del conseguimento del diploma di laurea in giurisprudenza.

Il praticante avvocato, che si iscrive alla Cassa con decorrenza antecedente al compimento del 35 anno di età, beneficia della riduzione del 50% del contributo soggettivo minimo per i primi sei anni di iscrizione alla Cassa, ivi compresi quelli richiesti a titolo di iscrizione retroattiva.

Con l’iscrizione (anche se facoltativa) alla Cassa “scattano” per il praticante gli obblighi:

  • di trasmettere alla Cassa (nei termini) il modello 5;
  • di pagare il contributo soggettivo minimo in misura ridotta al 50% per i primi cinque anni d'iscrizione alla Cassa, qualora la stessa decorra da data anteriore al 35 anno di età;
  • di pagare il contributo soggettivo nella misura del 15% sul reddito professionale irpef netto fino al tetto massimo e del 3% sulla parte eccedente il tetto reddituale;
  • di applicare in fattura la maggiorazione del 4% (c.d. c.a.p.), da riversare alla Cassa in sede di pagamento in autoliquidazione (nella misura del 4% sull’effettivo volume di affari Iva a titolo di contributo c.d. integrativo);
  • di versare il contributo di maternità.

I praticanti avvocati non iscritti alla Cassa, non hanno alcun obbligo nei confronti della stessa, e quindi non devono né inviare il modello 5 né applicare il 4% sui corrispettivi rientranti nel volume di affari Iva.

Occorre evidenziare che, in caso di mancata opzione per l’iscrizione alla Cassa Forense, eventuali redditi percepiti dal praticante avvocati sono assoggettati alla contribuzione di cui alla gestione separata Inps: il praticante, sostanzialmente, è libero di scegliere tra Cassa Forense e gestione separata Inps.


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    Leonardo Carbone