Pensione reversibilità ed assegno divorzile

di Leonardo Carbone

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Il diritto alla pensione di reversibilità (o ad una quota di essa in caso di concorso con altro coniuge superstite) spetta allorché il coniuge superstite, alla morte dell’ex coniuge, sia titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto.

Tale principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza 19.4.2019 n. 11129, con riferimento tra l’altro ad una fattispecie di vedova di un professionista che era titolare di un assegno di mantenimento in base alla sentenza in sede di separazione, ma nella successiva sentenza di divorzio non “risultava” alcun assegno divorzile.

Del resto non si può ignorare che l’art.5 della l. 28.12.2005 n. 263 stabilisce espressamente che “Le disposizioni di cui alla l.1.12.1970 n. 898, art.9, commi 2 e 3, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che per titolarità dell’assegno ai sensi dell’art.5, deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del Tribunale ai sensi della citata l. n.898 del 1970, predetto art.5”.

Occorre evidenziare che il diritto alla pensione di reversibilità non rappresenta, però, la continuazione del diritto all'assegno di divorzio, ma è un diritto nuovo, di natura previdenziale, collegato ad una fattispecie legale i cui elementi sono la titolarità di pensione diretta da parte del coniuge defunto in virtù di un rapporto anteriore alla sentenza di divorzio e la titolarità, da parte del coniuge superstite, di assegno di divorzio disposto dal giudice (Cass. 4.1.1995 n.87).

La pensione di reversibilità, oltre che consentire all'ex coniuge la prosecuzione del sostentamento prima assicurato dal reddito del coniuge deceduto, riconosce allo stesso un diritto che non è inerente alla semplice qualità di ex coniuge, ma che ha uno dei suoi necessari elementi genetici nella titolarità attuale dell’assegno, la cui attribuzione ha trovato fondamento nell'esigenza di assicurare al medesimo ex coniuge mezzi adeguati, onde il relativo diritto compete soltanto nel caso in cui, in sede di regolamentazione dei rapporti economici al momento del divorzio, le parti abbiano convenuto di non regolarli mediante la corresponsione di un capitale una tantum (Corte cost. 4.11.1999 n.419).

In ordine alle modalità operative del criterio legale di ripartizione della pensione di reversibilità tra divorziato e coniuge superstite, la Corte Costituzionale (sentenza 4.11.1999 n.419) ha dichiarato infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art.9, 3 comma, l.n.898/1970, modificato dall’art.13 l. n.74/1987, nella parte in cui prevede esclusivamente la durata del rapporto matrimoniale quale criterio di ripartizione della pensione di reversibilità tra divorziato e coniuge superstite.

Peraltro, sul tema “pensione reversibilità/assegno divorzile”, le sezioni unite della Corte di Cassazione, con sentenza 24.9.2018 n. 22434,nel risolvere il contrasto nella sezione lavoro della Suprema Corte, hanno affermato che ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, in favore dell’ex coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno di divorzio deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione.

In quest’ultimo caso, infatti, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell’assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l’assegno “una tantum” non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare (in termini, Cass. 19.4.2019 n.11129).

Il riconoscimento del diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità (o quota di essa) presuppone che il richiedente, al momento della morte dell’ex coniuge, risulti titolare di assegno di divorzio che sia stato giudizialmente riconosciuto dal Tribunale attraverso la sentenza che abbia pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero attraverso la successiva sentenza emessa in sede di revisione; in quest’ultimo caso, infatti, se l’assegno è attribuibile anche successivamente alla pronuncia del divorzio, non si vede la ragione per la quale, intervenute le condizioni di bisogno, non sia attribuibile la pensione di reversibilità pur in assenza di un diritto all'assegno medesimo già accertato.

Il requisito della titolarità dell’assegno divorzile è soddisfatto anche dal riconoscimento dell’assegno divorzile successivo alla pronuncia definitiva di divorzio, in sede di revisione delle condizioni, ex art.9, comma 1, l.898/70.Non è sufficiente, invece, un mero accordo tra le parti, di attribuzione di un assegno periodico, non recepito in un provvedimento giudiziale. Non è sufficiente che il richiedente (la pensione di reversibilità) versi nelle condizioni per ottenere l’assegno divorzile e neppure che, in via di fatto o anche per effetto di private convenzioni intercorse tra le parti, abbia ricevuto regolari erogazioni economiche dal de cuius quando questi era in vita (Cass. 29.9.2006 n. 21129).

Avv. Leonardo Carbone – Direttore Responsabile CFnews.it


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