PENSIONE DI ANZIANITÀ E CANCELLAZIONE DALL’ALBO: NIENTE DI NUOVO DAL FRONTE GIURISPRUDENZIALE

di Marcello Bella

Stampa la pagina
foto

Ascolta la versione audio dell'articolo

La Cassazione, con la pronuncia  del 21 settembre 2023, n. 27049, è tornata sul tema della pensione di anzianità e sulle condizioni legittimanti tale prestazione previdenziale, muovendo da una fattispecie concreta che, a seguito di ricongiunzione richiesta per un pregresso periodo assicurativo presso l’Inps, aveva a oggetto una richiesta di risarcimento del danno per la mancata erogazione della pensione di anzianità da parte della Cassa Forense stante il mancato riversamento dall’INPS della provvista contributiva richiesta, in questo caso anche con rivalutazione a seguito di esposizione all’amianto del lavoratore, successivamente iscrittosi all’albo degli avvocati e quindi alla Cassa Forense.

Cassazione: non spetta il risarcimento del danno per la mancata erogazione della pensione di anzianità all'avvocato non cancellato dall'albo

Il giudice di prime cure aveva dichiarato il diritto del ricorrente alla rivalutazione contributiva per il periodo di esposizione all’amianto e l’INPS era stata condannata al versamento in favore della Cassa Forense dei contributi a titolo di rivalutazione e,  considerata, altresì, meramente interna ai rapporti tra la Cassa e l’INPS la questione del versamento della provvista contributiva di cui sopra, aveva accolto la domanda del ricorrente, con conseguente condanna della Cassa Forense al risarcimento del danno commisurato all’importo della pensione di anzianità che avrebbe dovuto essere erogata more tempore.

La Cassa Forense ha promosso appello, ritenendo la sentenza censurabile relativamente al capo in cui ha affermato la sussistenza di un danno, senza che ne fosse stata fornita prova, ma, vieppiù, senza tenere conto del fatto che il professionista, non essendosi cancellato dall’albo professionale, ha continuato ad esercitare la professione e, pertanto, a produrre redditi e a pagare i relativi contributi.

La Corte di Appello di Lecce ha rigettato l’appello ed ha confermato in toto la sentenza del Tribunale.

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello su un duplice ordine di presupposti.

In primis, nelle controversie risarcitorie, la relativa obbligazione può sorgere solo a seguito di un comportamento antigiuridico, che in questo caso avrebbe dovuto essere posto in essere dalla Cassa Forense. La responsabilità di quest’ultima presupporrebbe l’inosservanza degli obblighi che presiedono alla procedura di ricongiunzione con conseguente riconoscimento della pensione di anzianità, che gli ermellini invece escludono nella fattispecie concreta, non sussistendo alcuna violazione di legge da parte del soggetto indicato nella sentenza d’appello come inadempiente (la Cassa Forense).

Inoltre, la Suprema Corte afferma e ribadisce che è di importanza cruciale il fatto che non si possa individuare un danno, corrispondente alla misura della pensione di anzianità, per chi non abbia soddisfatto una delle condizioni essenziali per conseguirla. Infatti, la normativa è inequivocabile nel disporre che la pensione di anzianità sia subordinata alla cancellazione dagli albi di avvocato. Il giudice delle leggi ha rammentato, in proposito, che “l’abbandono della professione…. è una condizione strettamente inerente alla ratio di questa forma di pensione” (Corte Cost., sentenza n. 73 del 1992; conforme: Corte Corte Cost. n. 362/1997).

D’altronde, la stessa giurisprudenza di legittimità aveva già affermato tale principio, ricordando che la cancellazione dagli albi di avvocato concorre a integrare, con la prevista anzianità di iscrizione e contribuzione, la fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di anzianità (Cass., 12.12.2017, n. 29780; parimenti, Cass., nn. 1311/1998, 11935/2004, 8347/2003, 6571/2001, con riferimento alla analoga cessazione dell’attività lavorativa quale requisito per l’accesso alla pensione di anzianità in favore dei lavoratori dipendenti e a carico dell’assicurazione generale obbligatoria).

La Cassazione, insomma, ha “bacchettato” i giudici di merito, che non hanno tenuto conto degli elementari principi sopra riportati, più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità e dal giudice delle leggi.


Altri in PREVIDENZA

Potrebbe interessarti anche