Il patrocinio sostitutivo come delineato dal Ministero della Giustizia
22/02/2015
Stampa la paginaSi passerà ad una rapida disamina delle novità più significative del nuovo tirocinio forense, soffermando l’attenzione su quella più rilevante relativa alle “attribuzioni” di funzioni per il praticante abilitato.
Il nuovo tirocinio si svolgerà attraverso la frequenza (con profitto) di corsi di formazione specifici, oltre che con la pratica in uno studio professionale (art. 43, co. 1). Il regime delle incompatibilità è più rigido ed infatti se prima il tirocinio era compatibile con rapporti di lavoro subordinato, la nuova disciplina prevede espressamente che le modalità e gli orari propri del rapporto di lavoro subordinato debbano risultare idonei a consentire l’effettivo e puntuale svolgimento della pratica e, comunque, in assenza di specifiche ragioni di conflitto di interesse”.
La ratio è quella di rafforzare il percorso formativo dell’aspirante avvocato, chiamato, ora, ad una scelta consapevole ed impegnativa, tendenzialmente incompatibile con altri percorsi di qualificazione professionale e/o esperienze lavorative.
Inoltre viene prevista una diversa durata (diciotto mesi) e la possibilità di svolgimento della pratica (per non più di sei mesi ) in concomitanza con la frequenza dell’ultimo anno del corso di laurea in giurisprudenza (art. 41 co.6, lett. c).
- Con la riforma professionale, il praticante che intenda ottenere l'abilitazione al patrocinio presta il proprio giuramento solenne davanti al COA e non più davanti al Presidente del Tribunale.
Tale modifica, in realtà, è il risultato di un lavoro interpretativo, posto che la legge n. 247/2012 (diversamente dalla precedente legge professionale del 1933) non contiene alcun riferimento al giuramento del praticante, limitandosi semplicemente a prevedere che “l'abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell'apposito registro”.
Tuttavia, deve ritenersi incoerente con i principi ispiratori della riforma e con i principi costituzionali ex art. 24 Cost., consentire a chi assume la difesa in giudizio - come indiscutibilmente accade per il praticante abilitato - sia pure in sostituzione del dominus, farlo senza prima aver assunto alcun formale impegno che lo richiami moralmente, prima ancora che giuridicamente, al rispetto dei doveri del difensore.
Molti ordini hanno optato per una versione ibrida che, solo per i praticanti avvocati, prevede ancora il giuramento davanti al Presidente del Tribunale e l’assunzione dell’impegno solenne davanti al COA, magari concentrando entrambi i momenti in un’unica cerimonia.
Inoltre il patrocinio per quanto concerne la sua durata da sei anni viene ridotta a cinque.
- Per quanto attiene i limiti in materia dell'attività che può rivolgere il praticante abilitato occorre procedere ad una distinzione tra l'ambito penale e civile.
In ambito penale, egli può esercitare attività sostitutiva per il dominus nei procedimenti davanti al Giudice di Pace, in quelli per reati contravvenzionali ed in quelli che rientravano nella competenza del pretore, ossia, in linea generale, i reati puniti nel massimo edittale fino a 4 anni e quelli di cui all'art. 550 c.p.p.
Dunque nulla è cambiato rispetto alla normativa previgente.
In ambito civile, invece, la legge n. 247/2012 si limita a far riferimento ai procedimenti pendenti di fronte al Giudice di Pace ed al Tribunale in composizione monocratica.
Ciò conduce a ritenere che non vi sia più il limite del valore della controversia, con la conseguenza che il praticante abilitato potrà svolgere la sua attività sostitutiva anche in cause di valore indeterminabile.
- Ciò che è stato tuttavia maggiormente stravolto dalla riforma è proprio la natura ed il ruolo del praticante abilitato.
Dal 1 gennaio 2015 (anzi dal 4 febbraio 2015), infatti, egli può essere solo un mero sostituto di udienza del proprio dominus o al massimo degli altri avvocati appartenenti allo studio.
Tale attribuzione non si consegue in via automatica con l’iscrizione nel registro dei Praticanti Avvocati e dopo l’impegno solenne davanti al COA, ma va richiesto dall’interessato ed il COA deve pronunziarsi sulla domanda entro trenta giorni (art. 7 reg. citato).
Il praticante, pertanto, non può (più) avere cause proprie o essere inserito nel mandato difensivo.
Inutile dire che tra le modifiche apportate questa è senza dubbio quella maggiormente criticabile.
Non soltanto perché così facendo il Legislatore ha sconfessato sé stesso, laddove annunciava che una delle linee-guida della nuova Legge Professionale era improntata a favorire i giovani, ma soprattutto perché ha sostanzialmente svuotato l'esercizio del patrocinio di gran parte del suo significato, ossia quello di completare la formazione del futuro avvocato, sia pure per affari di limitato valore e di minore difficoltà.
Per quanto attiene, invece, al periodo transitorio, va considerato che l’art. 48 (rubricato “disciplina transitoria per la pratica professionale”) dispone la proroga dell’efficacia delle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della riforma, con l’unica eccezione della riduzione a diciotto mesi del periodo complessivo del tirocinio che entra subito in vigore. Ed infatti fino allo spirare del secondo anno successivo all’entrata in vigore della nuova legge (art. 48, co.1, cit), e quindi dal 2/2/2015 (pubblicazione in G.U. 18/01/2013), le pur abrogate regole afferenti il tirocinio - e, dunque, anche quelle concernenti l’abilitazione del praticante - continuano a doversi applicare. Con la provvisoria sopravvivenza del “vecchio” istituto dell’abilitazione al patrocinio, compresa la necessità del giuramento innanzi al presidente del tribunale.
Il tutto con buona pace del principio di uguaglianza con la creazione di regimi differenti, quanto ad attribuzioni, tra il vecchio e il nuovo praticante.
La congerie di rinvii a paritetiche fonti o ad altre sottordinate, previsti dalla legge professionale, ha comportato “fusi orari” diversi nell’applicazione dei principi creando nei fatti dei vuoti. La prima domanda che ricorre appunto è quella della concreta applicabilità e del momento “consumativo”. Piace a tal proposito dar conto dar conto di una prima applicazione concreta . Il COA di Bologna in una recente seduta sulla richiesta di autorizzazione al patrocinio sostitutivo ex art. 41 comma 12 della L.N. 247/2012 ha così statuito: “Il Consiglio, all’esito del riferimento; ritenuto che l’entrata in vigore della norma citata è subordinata all’emanazione del decreto ministeriale previsto dallo stesso art. 41 comma 13 della nuova legge ordina mentale forense; rilevato che tale D.M., pur già emesso in bozza e inviato in data 27 gennaio 2015 dal Ministero al C.N.F. per il previsto parere, non è ancora stato emanato; delibera di non accogliere l’istanza”.
Quali dunque le conseguenze e le ricadute pratiche. A giudizio di chi scrive il praticante iscritto nel registro, decorso un anno, potrà chiedere di essere abilitato al patrocinio, o per meglio dire, potrà farlo se prima della formale delibera autorizzativa il Ministero non avrà emanato il citato regolamento, così suscitando una reviviscenza del della precedente norma ovvero di quella vigente nel periodo transitorio.
Concludiamo l’excursus esaminando le ricadute afferenti l’iscrizione a Cassa Forense.
Riteniamo che fino all’emanazione del decreto ministeriale sarà possibile iscriversi (facoltativamente) alla Cassa anche se il praticante non ha ancora ottenuto l’autorizzazione al patrocinio ai sensi del Dpr 101/1990, potendosi ritenere immediatamente applicabile il disposto di cui all’art. 5 del regolamento di attuazione dell’art. 21 commi 8 e 9 della L.N. 247/2012 (delibera del Comitato 31.1.2014, approvato con nota ministeriale del 7 agosto 2014 in G.U. n. 192 del 20/8/2014 mettiamo in nota), in forza del quale il praticante, anche non abilitato, può iscriversi facoltativamente alla Cassa di Previdenza Forense. E tale iscrizione può riguardare tutti gli anni del tirocinio professionale, a partire da quello del conseguimento del diploma di laurea, con l’eccezione di quelli in cui il praticante abbia per più di sei mesi svolto contestualmente attività di lavoro subordinato.
Per quanto attiene la cancellazione e la sua decorrenza si rinvia all’art. 6 del regolamento attuativo citato.
Il praticante dovrà corrispondere per i primi 6 anni dall’iscrizione il contributo minimo soggettivo ridotto del 50%, come previsto dall’art. 7 comma 2° del regolamento, senza però poter beneficiare delle ulteriori agevolazioni previste dagli artt. 8 e 9 per i percettori di redditi al di sotto dei parametri.
Se la conoscenza è il primo passo per costruire il proprio percorso previdenziale appare comunque arduo averne una piena contezza nei vuoti creatisi dai ritardi nell’emanazione delle normative di riferimento appalesandosi, se mai ce ne fosse bisogno, che la tecnica legislativa appare davvero carente quando per il completamento e per la piena attuazione siano necessarie continue, pur previste, addizioni.
Avv. Gennaro Torrese – Componente Comitato di Redazione CF NEWS
Avv. Giovanni Cerri – Delegato di Cassa Forense