Abolizione temporanea del contributo minimo integrativo

di Roberto Bigi

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Il contributo integrativo: la caratteristica di questa forma di contribuzione, di natura solidaristica, è quella di costituire un “costo” per i clienti degli avvocati e non per il singolo professionista. Quest’ultimo, infatti, è tenuto ad applicare la maggiorazione in fattura (4%) con l’obbligo di riversarla alla Cassa. Solo nel caso di produzione di un volume d’affari modesto, cioè nel caso in cui il totale delle maggiorazioni applicate nelle fatture risulti inferiore al contributo minimo integrativo dovuto dal professionista alla Cassa, si determina un “costo” in capo all’iscritto. Tale fattispecie, risulta configurarsi più frequentemente di quanto risultasse prima dell’entrata in vigore della legge 247/2012 e del relativo Regolamento di attuazione che, si ricorda, hanno imposto l’obbligo dell’iscrizione alla Cassa per tutti gli iscritti in un Albo professionale forense, indipendentemente da qualsiasi considerazione sull’effettivo esercizio dell’attività.

La soluzione: al fine di evitare che l’obbligo del pagamento del contributo minimo integrativo possa costituire un “costo” dell’iscritto, il Comitato dei Delegati ha deliberato una modifica regolamentare, in corso di approvazione ministeriale, che prevede l’abolizione “temporanea” (per il quinquennio 2018-2022) del contributo minimo integrativo, fermo restando l’obbligo di riversare alla Cassa, in sede di autoliquidazione, l’intero contributo percentuale (4%) calcolato sul volume d’affari IVA, importo che dovrebbe quindi corrispondere all’effettiva somma delle maggiorazioni applicate nelle fatture. Per effetto di tale modifica, nessun professionista dovrebbe più trovarsi nella condizione di sopportare un “costo” in riferimento al contributo integrativo.

A titolo esemplificativo, si illustrano schematicamente gli effetti sul contributo integrativo che produrrebbero le modifiche regolamentari in approvazione ministeriale, nel caso di 2 professionisti tenuti entrambi, attualmente, al pagamento del contributo minimo integrativo nella misura ordinaria (per il 2018 - € 710,00) e che dichiarino, rispettivamente, un volume d’affari Iva pari a € 10.000,00 e € 50.000,00:

Avvocato A:

Avvocato A

Avvocato B:

Avvocato B

Da quanto sopra illustrato risulta evidente che, oltre al differimento dei termini di pagamento (i contributi minimi si pagano nell’anno di competenza mentre i contributi in autoliquidazione si pagano nell’anno successivo), l’avvocato “A”, in virtù della modifica regolamentare non dovrà sostenere il “costo” di € 310,00 (€ 710,00 – € 400,00) che, attualmente, si trova dover sopportare. Per quanto riguarderà l’avvocato “B”, invece, la modifica regolamentare produrrà solo l’effetto del differimento dei termini di pagamento.

La situazione attuale: nelle more dell’approvazione ministeriale delle modifiche regolamentari riguardanti l’esclusione dall’obbligo del pagamento del contributo minimo integrativo per il quinquennio 2018-2022 per tutti gli avvocati, il C.d.A., nella seduta dell’11 gennaio 2018, ha affrontato la questione inerente alla riscossione dei contributi minimi 2018. Al fine di evitare di chiedere somme in pagamento a titolo di contributo minimo integrativo che, dopo l’entrata in vigore delle modifiche regolamentari, si traducessero in altrettanti potenziali “crediti” (in attesa della comunicazione del volume d’affari IVA tramite mod. 5/2019), il C.d.A. ha disposto l’esclusione del contributo minimo integrativo dalle consuete rate (28 febbraio, 30 aprile, 30 giugno, 30 settembre 2018), rinviando al 31 ottobre 2018 l’eventuale richiesta di pagamento, da avanzare nel caso non intervenga l’attesa approvazione ministeriale. La riscossione (eventuale!) del contributo minimo integrativo, avverrà tramite bollettini M.Av. all’uopo dedicati.

Rag. Roberto Bigi - Responsabile Ufficio Accertamenti Contributivi e Dichiarativi

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