LA VACCINAZIONE DEL PERSONALE SANITARIO: L’ORDINANZA DI BELLUNO

di Livio Galla

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L’ordinanza del Tribunale di Belluno emessa il 19 marzo scorso risulta, forse, la prima decisione in materia di provvedimenti datoriali assunti in caso di rifiuto vaccinale del personale sanitario (lo scorso febbraio due infermieri e otto operatori sociosanitari, dipendenti di due case di riposo in provincia di Belluno, avevano rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione con Pfizer) e merita un minimo approfondimento, anche per ovviare alle sintesi giornalistiche tanto enfatiche, quanto (spesso) atecniche.

Il Tribunale bellunese, nel respingere un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per difetto dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, con ordinanza n. 12/2021 R.G. del 19 marzo 2021 va a delineare alcuni dei principi su cui i giuslavoristi italiani hanno animatamente discusso soprattutto sui giornali economici e sui social network, con un contributo riportato anche da questa rivista

Proviamo a sintetizzare i principi espressi nel provvedimento bellunese:

  1. anche il datore di lavoro che gestisca una struttura sanitaria ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti, a ciò essendo obbligato dalla disposizione dell’art. 2087 c.c., norma secondo cui “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”;
  2. il vaccino funziona: risulta notorio il drastico calo dei decessi causati da Sars Cov 2 fra le categorie che hanno potuto usufruire del vaccino, quali il personale sanitario e gli ospiti di RSA nonché, in generale, nei paesi quale Israele e gli Stati Uniti in cui il vaccino è stato somministrato a milioni di persone;
  3. il rischio per il personale sanitario di essere contagiato è notorio e concreto, stante il fatto che non risulta scientificamente provato che il vaccino prevenga, oltre la malattia, anche l’infezione;
  4. la permanenza nel luogo di lavoro di personale sanitario non vaccinato comporta, in capo al datore di lavoro, la violazione degli obblighi di cui al precitato art. 2087 c.c., stante la circostanza che il vaccino offerto costituisce misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia;
  5. il datore di lavoro può quindi disporre che il personale sanitario non vaccinato sia posto in ferie retribuite, facoltà gestoria datoriale sancita dall’art. 2109 c.c. (nel tempo che l’imprenditore stabilisce)  che prevale sull’eventuale interesse del dipendente di fruire del riposo in diverso periodo feriale, in relazioni agli obblighi di sicurezza cui il datore è tenuto ex art. 2087 c.c. 

Restano aperte -perché non affrontate nel merito del provvedimento urgente in commento- le questioni attinenti a un successivo collocamento in aspettativa non retribuita dei dipendenti non vaccinati o addirittura il tema dei licenziamenti, sulle quali, ne siamo certi, giungeranno a breve altri arresti giurisprudenziali.

Avv. Livio Galla – Foro di Vicenza


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