L’ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLA SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE DOVUTA AI MOTIVI ORGANIZZATIVI DELL’EMERGENZA COVID

di Emanuele Nagni

Stampa la pagina
foto

Lo scorso 6 luglio la Corte costituzionale, con il deposito della sentenza n. 140 del 2021, si è pronunciata in merito alle misure di sospensione della prescrizione introdotte a causa dell’emergenza sanitaria da diffusione epidemiologica di SARS-CoV-2.

Nello specifico, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previsione di cui all’art. 83, comma 9° D.L. 17 marzo 2020, n. 18, in materia di

Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”,

meglio noto come Decreto “Cura Italia e successivamente convertito, con modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27.

La censura di tale disposizione normativa è strettamente rivolta alla disciplina che prevede l’intervento della sospensione della prescrizione dei reati commessi in via antecedente rispetto al 9 marzo 2020 per un arco temporale pari a quello in cui il procedimento penale è rinviato per ragioni dovute all’applicabilità delle misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari, sulla scorta di quanto stabilito dal comma 7 della medesima previsione e – in ogni caso – non oltre la data del 30 giugno 2020.

Invero, la Corte ha ritenuto come, in tali circostanze, potesse ravvisarsi la sussistenza dell’ipotesi di violazione del principio di legalità, di cui all’art. 25, comma 2° Cost., in ragione del fatto che il rinvio delle udienze, cui si ricollega la sospensione della prescrizione, rappresenta una situazione meramente eventuale, in quanto derivante da una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, avvalendosi di una facoltà circoscritta dalla legge in modo eccessivamente generico, con riferimento ai relativi presupposti di emissione, oltre che alle finalità cui deve far fronte.

Infatti, la pronuncia illustra come il dettato normativo che disciplina la sospensione del corso della prescrizione abbia un valore stricto sensu sostanziale, in virtù del fatto che determina l’estensione del termine che dà luogo all’estinzione del reato.

Ne consegue, pertanto, che tale istituto rientra pacificamente nell’ambito applicativo del principio di legalità, che impone al legislatore di definire con sufficiente ‘determinatezza’ la fattispecie estintiva in relazione ai suoi elementi costitutivi, allo scopo di garantire un sufficiente grado di conoscenza o, quantomeno, di conoscibilità, poiché da queste ultime trae astrattamente origine la successiva punibilità del reo.

La previsione dichiarata illegittima dalla Corte, invero, prefigurando un’ipotesi che sospende il termine di prescrizione, rinvia ad una disposizione processuale che non rientra nell’ambito applicativo di cui all’art. 159 c.p.

Ciò perché il relativo contenuto è disciplinato interamente dalle misure organizzative dettate dal capo dell’ufficio giudiziario, esponendo quindi la fattispecie ad un indiscutibile profilo di non sufficiente determinatezza, da cui consegue la lesione del principio di legalità in via strettamente riferibile alla ricaduta della previsione in questione in relazione alla decorrenza della prescrizione.

Avv. Emanuele Nagni del Foro di Roma


Altri in DIRITTO