Il principio di immutabilità del giudice secondo le Sezioni Unite

di Ciro Iorio

Stampa la pagina
foto

La questione giunta all'attenzione delle Sezioni Unite investe l’esatta definizione dell’ambito applicativo del principio della immutabilità del giudice, regola funzionale al rispetto dei principi di oralità e di immediatezza, cardini del sistema processuale accusatorio introdotto nel 1989.

L’interessante vicenda ha tratto origine dalla dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado, da parte della Corte di Appello, per aver il Tribunale in composizione collegiale pronunciato sentenza di condanna dell’imputato pur essendo stata modificata la sua originaria composizione.

In pratica si riteneva violato il principio di immutabilità del giudice, per violazione dell’art. 525 comma 2, c.p.p., in quanto il collegio giudicante era stato modificato (con la sostituzione di uno dei suoi tre componenti) tra la prima udienza, nella quale era stata dichiarata l'apertura del dibattimento e adottata l'ordinanza di ammissione delle prove, e le udienze successive nelle quali erano stati assunti i mezzi di prova testimoniale, sicché alla deliberazione avevano concorso magistrati in parte diversi da quelli che avevano partecipato al dibattimento.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso il Procuratore Generale il quale, con un unico motivo, deduceva la inosservanza ovvero l'erronea applicazione della suddetta norma del codice di rito, per avere il Giudice di secondo grado omesso di considerare che il Tribunale che aveva deliberato la prima decisione era composto dai tre magistrati dinanzi ai quali si era svolta l'intera istruttoria dibattimentale, essendosi il precedente collegio limitato ad ammettere, con ordinanza, le prove, prima che intervenisse il mutamento della sua composizione.

Il ricorrente osservava inoltre che dopo la sostituzione di uno dei componenti del collegio, le parti non avevano chiesto la rinnovazione dell'assunzione di alcun mezzo di prova, avendo prestato implicitamente il consenso alla lettura delle dichiarazioni precedentemente assunte.

La questione ha reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite penali, registrandosi nella giurisprudenza della Corte differenti indirizzi interpretativi.

Per vero già nel 1999 le Sezioni Unite ebbero modo di delineare, con la sentenza Iannasso, i principi che avrebbero poi governato l’applicazione della norma processuale di cui all’art. 525 c.p.p. 

Con tale pronuncia il massimo consesso di legittimità ebbe a puntualizzare che, nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. 

Nell'enunciare tale principio la Corte sottolineò che, allorquando nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice può di ufficio disporre la lettura delle dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali.

La soluzione interpretativa offerta dalle Sezioni Unite nel 1999 non ha tuttavia trovato uniforme applicazione da parte delle Sezioni semplici, pur risultando nettamente prevalente l’opzione ermeneutica secondo la quale non sussiste la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., qualora le prove siano valutate da un collegio in composizione diversa da quello davanti al quale le stesse siano state acquisite, e le parti presenti non si siano opposte, né abbiano esplicitamente richiesto di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale; in tal caso, ritiene la Cassazione, si deve intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, alla lettura degli atti.

In senso difforme un altro orientamento, seppure minoritario, asserisce che in caso di intervenuta modifica della composizione del collegio, il consenso alla omessa rinnovazione del dibattimento può essere manifestato anche in forma tacita, a condizione però che il comportamento silente della parte sia univoco e, cioè, che ad esso possa essere attribuito esclusivamente il significato di acconsentire all'utilizzo delle prove precedentemente assunte. 

La sussistenza del richiamato contrasto giurisprudenziale ha determinato la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte, chiamata a decidere le seguenti questioni:

  • "se il principio di immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., riguarda l'effettivo svolgimento dell'intera fase successiva alla dichiarazione di apertura del dibattimento, comprensiva anche del momento della formulazione delle richieste delle prove e/o di quello dell'adozione della relativa ordinanza di ammissione, oppure è principio che inerisce solo alla fase dibattimentale dell'assunzione delle prove dichiarative"; 
  • "se per il rispetto del principio di immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., in caso di mutamento della composizione del giudice dopo l'assunzione delle prove dichiarative, è sufficiente solo accertare che le parti non si siano opposte alla lettura delle dichiarazioni raccolte nel precedente dibattimento oppure occorre verificare la presenza di ulteriori circostanze processuali che rendano univoco il comportamento omissivo degli interessati".

Con sentenza n. 41736/2019, depositata il 10 ottobre 2019, le Sezioni Unite, nel risolvere la vexata quaestio, hanno affermato i seguenti principi di diritto:

– «il principio di immutabilità, previsto dall’art. 525 c. 2 prima parte c.p.p., impone che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia non solo lo stesso giudice davanti al quale la prova è assunta, ma anche quello che ha disposto l’ammissione della prova, fermo restando che i provvedimenti sull'ammissione della prova emessi dal giudice diversamente composto devono intendersi confermati se non espressamente modificati o revocati»;

– «l’avvenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere, ai sensi degli artt. 468 e 493 c.p.p., sia prove nuove sia la rinnovazione di quelle assunte dal giudice diversamente composto, in quest’ultimo caso indicando specificamente le ragioni che impongano tale rinnovazione, ferma restando la valutazione del giudice, ai sensi degli artt. 190 e 495 c.p.p., anche sulla non manifesta superfluità della rinnovazione della stessa»;

– «il consenso delle parti alla lettura ex art. 511 c. 2 c.p.p. degli atti assunti dal collegio in diversa composizione, a seguito della rinnovazione del dibattimento, non è necessario con riguardo agli esami testimoniali la cui ripetizione non abbia avuto luogo perché non chiesta, non ammessa o non più possibile».

Avv. Ciro Iorio – Foro di Napoli Nord


Altri in DIRITTO