Le spese forfettarie al 15% se il giudice “nulla dice”

di Leonardo Carbone

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Le spese di solito sostenute durante una causa dal difensore, la cui dimostrazione è difficile oppure oltremodo gravosa, sono comunque rimborsabili anche senza la prova degli esborsi, secondo una misura predeterminata dalla legge.

Tali spese c.d. forfettarie spettano automaticamente al professionista anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, dovendosi quest’ultima ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombente.

   L’art. 13, comma 10, Legge 31 dicembre 2012, n. 247  ha statuito, infatti che, oltre al compenso per la prestazione professionale, all'avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell'interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfettarie, la cui misura massima è determinata con decreto del Ministro della Giustizia, unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive. E il D.M. n. 55/2014 ha quantificato le spese forfettarie nella misura (di regola) del 15% del compenso totale per la prestazione.

   Il problema si è posto sulla interpretazione dell’espressione “di regola nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione”, in  particolare  allorché nel provvedimento giudiziale non vi è alcuna determinazione percentuale del rimborso o addirittura nulla dica in ordine alla sua spettanza. 

    Se il giudice nulla dispone per le spese forfettarie, come si calcolano?

Al riguardo  è intervenuta la Corte di Cassazione che, con ordinanza 4 aprile 2019 n.9385, ha affermato  che il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali che non contenga la statuizione circa la debenza o anche solo l’esplicita determinazione della percentuale delle spese forfettarie rimborsabili ai sensi dell’art.13, comma 10, della l. n.247 del 2012 e dell’art.2 del d.m. n.55 del 2014, è titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del 15% del compenso totale, quale massimo di regola spettante, potendo tale misura essere soltanto motivatamente diminuita dal giudice.

E ciò in quanto, si deve affermare come “dovuta…...una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione” significa, a un tempo, aver fissato il massimo percentuale del rimborso (appunto nel 15%) e aver stabilito che “di regola”, e quindi anche quando nulla si dica nel provvedimento di liquidazione, spetti tale massimo, derogabile solo in pejus con apposita motivazione. 

   Nel caso in cui la sentenza, nella parte relativa alle spese legali, non ha indicato la misura della percentuale del rimborso  delle spese forfettarie (che si aggiunge ai compensi professionali), il rimborso stessa è da intendersi,quindi, nella misura del 15%, in quanto solo il giudice può diminuire la soglia massima relativa alle spese forfettarie motivandone, però, la decisione.

Avv. Leonardo Carbone - Direttore Responsabile della Rivista


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