DEONTOLOGIA FORENSE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: NUOVE SFIDE ETICHE PER L’AVVOCATURA NELL’ERA DIGITALE

di Marco Martorana

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Dall’arrivo di ChatGPT e di OpenAI nel novembre 2022, l’Intelligenza Artificiale Generativa ha iniziato a rivoluzionare profondamente il lavoro degli avvocati.

A partire da quel momento, si è assistito a una rapida diffusione di strumenti capaci di accelerare le ricerche giuridiche (come l’individuazione di precedenti giurisprudenziali), generare testi e documenti, e rendere più efficiente l’analisi di materiali complessi e voluminosi.

Tuttavia, la professione forense è soggetta a regole deontologiche molto chiare che incombono sull’avvocato nella quotidianità del suo lavoro e, talvolta, anche al di fuori delle mura dello studio legale.

Queste regole in più occasioni si sono trovate a dover fronteggiare l’evoluzione tecnologica: si pensi al tema della pubblicità dello studio legale, che ha visto una prima fase di netta chiusura arrivando poi ad una apertura ben regolamentata.

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale, come fu a suo tempo quello dei social network, è una novità che non può non esser presa in considerazione dalla deontologia forense e viceversa.

Ad oggi, però, stabilire cosa costituisca un utilizzo deontologicamente corretto dell’Intelligenza Artificiale in ambito forense è particolarmente difficile, dal momento che il Codice deontologico non contiene alcuna disposizione specifica in materia.

Le prospettive non sembrano destinate a cambiare, per il momento, nemmeno con la proposta di riforma dell’ordinamento forense, il DL del 24 aprile 2025, attualmente in fase di avvicinamento all’iter parlamentare, che non affronta in modo organico il tema dell’IA, omettendo di prevedere strumenti normativi volti a incentivarne un uso etico, conforme ai valori della professione e a sanzionare eventuali condotte scorrette.

L’unico riferimento esplicito alla tecnologia si ha all’articolo 67, comma 1, lettera f), punto 7, dove si affida al Consiglio Nazionale Forense il compito di disciplinare, mediante regolamento, l’uniformità dei programmi formativi, includendo l’impiego di strumenti digitali e di Intelligenza Artificiale nell’esercizio dell’attività forense.

Si tratta, tuttavia, di un richiamo marginale, che non coglie appieno l’urgenza di integrare l’IA nel quadro etico e normativo della professione.

Una lacuna che rappresenta un’occasione ancora non sfruttata, ma che resta fondamentale colmare se si vuole che la riforma sia davvero orientata al futuro.

Qualcosa di più concreto lo si trova però nel DDL sull’Intelligenza Artificiale, nato sulla scia dell’AI Act Europeo.

Per i liberi professionisti, tra cui gli avvocati, l’articolo 13 del DDL stabilisce un principio chiaro: l’impiego dell’intelligenza artificiale deve restare confinato alle attività di supporto e strumentali, senza mai compromettere il ruolo centrale del lavoro intellettuale nell’esercizio della professione.

Oltre a questo, il disegno di legge introduce un obbligo esplicito: il professionista è tenuto a informare con la massima trasparenza il proprio cliente qualora intenda avvalersi di sistemi di intelligenza artificiale nell’esecuzione dell’incarico ricevuto.

Principio che si colloca alla perfezione nella natura fiduciaria del rapporto avvocato – cliente che permea anche il Codice Deontologico Forense.

Ciò impone di riflettere sull’impostazione della comunicazione secondo i principi di trasparenza, competenza e correttezza informativa, già saldamente radicati nel Codice Deontologico.

Ad esempio, potrebbe essere una buona prassi quella di adeguare già ora i mandati, includendo indicazioni chiare sull’eventuale uso dell’intelligenza artificiale da parte dello studio.

Naturalmente, qui subentra l’altro principio previsto dal DDL a carico delle libere professioni e con esse quella forense: l’insostituibilità dell’intelletto umano da parte dell’IA.

In altri termini, l’IA può senz’altro essere utilizzata come forma di supporto, informandone il cliente, ma mai come sostituto assoluto del professionista.

Ciò che infine è importante segnalare è che il DDL coinvolge anche gli Ordini professionali, chiamati a promuovere percorsi formativi sull’intelligenza artificiale, cercando di favorire la diffusione di una cultura consapevole e critica su strumenti che diventeranno presto parte integrante anche dell’attività forense quotidiana.

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